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Il lazzaretto costruito in contrada Madunnuzza (quartiere Grazia) |
Nel maggio del 1929 una gravissima
epidemia si diffuse a Barrafranca (EN), la "meningite cerebro spinale".
La meningite cerebro-spinale, o meningite da
meningococco, è un’infezione che colpisce le membrane (meningi) che rivestono e
proteggono il cervello e il midollo spinale. Per questo è chiamata cerebro-spinale.
Si manifesta frequentemente in modo epidemico all'interno di piccoli gruppi di
bambini o adolescenti. I portatori sani del germe (ossia i soggetti in cui il
batterio, presente nella mucosa della faringe, non determina malattia) possono
disseminarlo per via aerea.
A Barrafranca l’epidemia infierì per alcuni mesi, soprattutto
tra la popolazione più giovane (bambini e adolescenti), causando vittime e
lesioni irreversibili, anche perché molti di
quelli che guarivano restarono tragicamente segnati. Nonostante fossero nati sani,
dopo il contagio alcuni bambini rimasero muti, oppure ritardati. Dai ricordi
dei figli di chi ha riportato lesioni, si parla di circa 50 bambini. Secondo
quanto scrive Salvatore Ciulla nel suo libro "Barrafranca negli anni Trenta", il dopo fu difficile anzi peggio,
poiché si contavano in più centinaia di famiglie in profondo dolore per la
morte di coniugi o impegnate nella disperata lotta di riportare alla vita
attiva i propri cari sopravvissuti al male, ma tragicamente segnati e rimasti
invalidi.
Era il 1929 ed eravamo in
pieno fascismo. Ha governare in paese vi era il podestà, (una nuova autorità municipale
dopo che erano state abolite le cariche di sindaco, assessore e consigliere
comunale) nella figura del dott. Giuseppe Mattina (1880-1954) che si prodigò in
tutti i modi per arginare un morbo impietoso che stata dilaniando il paese.
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Personale del lazzaretto |
All'inizio l'epidemia fu sottovalutata,
convinti che fosse un male passeggero, tanto che le autorità locali non furono solerti
nel denunciare il malanno che già stava attaccato tutti i quartieri. Accertata
la gravità dell’epidemia, intervenne
la M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) locale, comandata dal
barrese prof. Antonio Tumminelli (1885- 1952) uno dei maggiori esponenti della
politica barrese. Assieme all’Esercito, ai RR.CC. (Real Carabinieri) e alle
Infermiere della Croce Rossa siciliana, il
cui reparto femminile era diretto dalla contessa Monroj di Palermo, allestirono
un ospedale da campo, il lazzaretto, in contrada Madunnuzza (quartiere
Grazia), detta in seguito a ciò "U chianu 'i tenni". Le attrezzature erano state fornite dall’Esercito e
dalla Croce Rossa. Coordinatore del servizio sanitario era l’ispettore medico
comm. Crisafulli, inviato appositamente da Roma, «per cercare di arginare un
male che falciava vittime a decine al giorno, e quando qualcuno miracolosamente
si salvava, restava profondamente segnato nel fisico per sempre»
(Salvatore Ciulla "Barrafranca negli
anni Trenta"), mentre la parte
amministrativa e di vettovagliamento era competenza del Comune. La situazione
sanitaria era grave, tenuto conto della povertà in cui versava il paese. Tra le
classi più povere l’igiene era scarsa, e questo aggravò la situazione. Si fece spalare
il fango delle strade, e le pozzanghere infette erano trattate con calce bianca,
per le sue proprietà altamente disinfettante, date dalla sua elevata
alcalinità, come anche le povere case dei colpiti, le stalle e le masserizie. Al fine di evitare maggiore contagio, furono chiuse le poche scuole che erano in paese e, per non creare allarmismi, si
proibì di suonare dal campanile delle chiese 'a 'ngunìa e 'u marturiu che
normalmente accompagnavano il trapasso di una persona, così come fu vietato
anche 'u viaticu, cioè la
somministrazione dei Sacramenti ai moribondi. Nessuno poteva superare la cinta
sanitaria, se non munito di apposito lasciapassare.
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Membri della M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) |
I medici e il personale sanitario dell’Esercito e
della Croce Rossa fecero quello che umanamente era possibile. In questa
dolorosa situazione, non mancò l’opera del dott. Angelo Ippolito (1871- 1966)
che si era già distinto durante il Morbo della spagnola che colpì Barrafranca
nel 1919. Fu sempre pronto a correre al capezzale di ammalati e moribondi.
Altrettanto eroico furono i gesti di don Luigi Giunta (1881- 1966), parroco
della chiesa Madre e cappellano del lazzaretto pronto sempre a portare in
tutte le ore agli ammalati il conforto della fede e del Sacramento e di don
Calogero Marotta (1865-1943) cappellano della chiesa Grazia. Secondo quanto scrive Salvatore Ciulla:
«… cercare di arginare un male che falciava vittime a decine al giorno, e
quando qualcuno miracolosamente si salvava, restava profondamente segnato nel
fisico per sempre.
Riportiamo i nomi degli appartenenti alla M.V.S.N.
(Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) così come sono stati elencati dal prof.
Cateno Marotta: Salvatore Marotta; Alfonso Geraci; Benedetto Gagliano; Antonio
Verdura; Angelo Marotta; Marco Scarpulla; Luigi Monteforte; Giuseppe
Mastrobuono, capo manipolo; Ignazio Gagliano; Luigi Virone; Salvatore Corso;
Francesco Bizzetti; Antonio Costa; Arcangelo Scarpulla; Antonio Bevilacqua;
Carmelo Accardi; Giuseppe Ingala; Giovanni Veloce; Filippo Calì.
FONTI: Salvatore Licata,
Carmelo Orofino "Barrafranca, la storia, le tradizioni, la cultura popolare", 3ª
edizione, 2010; Salvatore Ciulla "Barrafranca negli anni Trenta", parte prima,
1987; fonti orali di alcuni anziani barresi; fonti fotografiche: Salvatore
Marotta e Santina Zafarana. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)
RITA BEVILACQUA
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