Tra i meandri della memoria abbiamo riportato alla luce i
ricordi di una festa che pochi conoscono ma che ha un non so ché di arcano.
Stiamo parlando della festa della Madonna della “BUONA MORTE” che si
festeggiava a Barrafranca fino all’agosto del 1950 nella Chiesa Itria,
la quale custodiva una statua della BUONA MORTE appunto.
Il titolo “Maria della Buona Morte” non è un titolo ufficiale che la Chiesa cattolica ha attribuito alla Vergine Maria. Questa riconosce il concetto di “buona morte” (in latino: “mors bona”) come pratica cristiana delle confraternite della Buona Morte, che si occupavano di assistere i moribondi e di fornire una degna sepoltura ai defunti indigenti. Queste confraternite, diffuse in Italia fin dal Medioevo, avevano lo scopo di assistere i condannati a morte, di seppellire i poveri e di accompagnare spiritualmente i moribondi. L’associazione del concetto di “buona morte” a Maria è data dal fatto che la Vergine spesso è invocata come protettrice dei moribondi. Inoltre, questo culto è connesso a quello più conosciuto della “Dormitio Virginis”, che trae origini nella tradizione orientale, dove si crede che Maria non sia morta, ma sia caduta in un sonno profondo prima della sua Assunzione in cielo.
Tornando a Barrafranca, la BUONA MORTE era una statua in cera che raffigurava, secondo l’iconografia classica, la Vergine giacente su un letto, Maria dormiente appunto, vestita con abiti pregiati, dentro ad una teca lignea con ante in vetro. La teca era posizionata su un altare appoggiato sul muro di destra della navata principale della Chiesa Itria e circondato da un arco in gesso.
Il culto della Madonna della Buona Morte era molto sentito
dai fedeli barresi. Difatti, la festa liturgica si svolgeva il 15 agosto
ed era anticipata dalla pratica cristiana conosciuta come “Quindicina”, ossia
i 15 giorni in cui i fedeli si ritrovano nel tardo pomeriggio ad assistere alla
messa in onore della Vergine, preceduta dalla recita del rosario. Come ci
racconta le sorelle barresi Stella (93 anni) e Clara (84 anni) Faraci,
l’organizzazione dei festeggiamenti era curato dalla nonna materna di
queste, la signora Teresa Faraci (classe 1866). La signora Teresa aveva
realizzato a mano una pregiata tovaglia che serviva a ricoprire l’altare
durante i festeggiamenti. Inoltre, questo veniva addobbato con dei “rametti”
ossia dei rami di fiori di carta realizzati a mano. In quegli anni in paese era
costume realizzare a mano dei fiori con carta velina che poi venivano venduti,
per pochi soldi, alla gente.
Questo perché dilagava la povertà e l’acquisto di fiori
freschi era molto oneroso. Era una vera e propria arte: si tagliavano i petali
nelle forme e varietà del fiore che si doveva realizzare. Poi si scioglieva la
cera di una candela e con questa si incollavano le parti e si legavano alla
parte terminale del gambo, fatto di fil di ferro, rivestito di carta velina
verde. C’è chi realizzava i fiori con vecchie calze di nylon. Tornando ai
festeggiamenti, questi duravano quindici giorni, per concludersi con le
celebrazioni eucaristiche del 15 agosto. Durante questi giorni, molti
devoti portavano, come ex voto, oggetti in oro che venivano posizionati sopra
l’altare, vicino alla teca che veniva aperta durante la festa. Al termine dei
festeggiamenti, gli ori votivi venivano conservati dal parroco Don Calogero
Guerreri (parroco Chiesa Itria 1947-1969), mentre i rametti e la tovaglia dalla
signora Teresa Faraci, pronti per l’anno prossimo.
La festa scomparve con la distruzione della statua. La
notte del 15 agosto 1950, dopo i festeggiamenti, si sviluppò un incendio,
causato da una candela lasciata accesa, che fece sciogliere la statua in cera e
ridusse in cenere l’urna lignea che la conteneva. Invece di ripristinare
ciò che era rimasto dell’altare, il parroco Guerreri decise di smontare tutto,
grazie all’aiuto dello stimato falegname barrese Giovanni Faraci (1894) e del
figlio Luigi (1937). A ricordo di ciò rimangono due santini raffiguranti
l’Assunzione della B.V. “Dormiente”.
Mesi dopo l’increscioso evento, il 1° novembre 1950 Papa Pio
XII emanava la costituzione apostolica “Munificentissums Deus” con la
quale fu proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria. Il culto della
Dormizione ha contribuito alla formulazione del dogma dell’Assunzione di Maria.
Maria, «essendo giunta al termine della propria vita terrena, fu elevata in
corpo e anima alla gloria del Cielo ed esaltata dal Signore come Regina
dell’universo, per essere così del tutto conforme al Figlio, Signore dei
Signori, vittorioso sul peccato e sulla morte».
La formulazione del
nuovo dogma spinse don Guerreri a far costruire un nuovo altare dove
posizionare una statua dell’Assunta, chiudendo la porta laterale destra della
chiesa e scavare nella parete una nicchia per contenere la nuova statua. I
lavori furono completati nel 1957 come si evince dalla lapide posta a sinistra
dell’altare.
Non più la Madonna della Buona Morte o della Dormizione, ma
la Vergine Assunta. Cambia anche l’iconografia: non più la “Dormitio Virginis”
ma la vergine attorniata dagli angeli che viene elevata al cielo.
CURIOSITA’ La
“quindicina” è una pratica cristiana, un momento di riflessione sul senso della
festa e di preparazione alla festa stessa. Questa pratica, che può variare di
numero dai tre giorni “Triduo”, ai nove giorni “Novena”, ai quindici giorni
“Quindicina”, si ispira a quanto attestato negli “Atti degli Apostoli” sulla preghiera
vissuta dalla prima comunità degli Apostoli dopo “l’Ascensione di Gesù”, in
attesa della “Discesa dello Spirito Santo”.
Ringrazio le sorelle
Stella e Clara Faraci, e il nipote Gianni Faraci per la fattiva collaborazione
e le preziose informazioni.
FONTI SCRITTE: La Bibbia di Gerusalemme, EDB, 1993, nota ad
At 1,14; Pino Giuliana, La Chiesa di Piazza armerina nel Novecento”, Edizione
Lussografica, 2010; Gaetano Vicari, Guide alle principali chiese di
Barrafranca, 2 edizione; Iole Virone, Lontano dal cuore, 2025. FONTI ORALI:
Stella Faraci classe 1932; Clara Faraci classe 1941. SITOGRAFIA:
https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/apost_constitutions/documents/hf_p-xii_apc_19501101_munificentissimus-deus.html.
FONTI FOTOGRAFICHE: Rita Bevilacqua; Gianni Faraci. RITA BEVILACQUA