Maschere del teatro classico |
Nascondere il viso o l’intero corpo sotto diverse spoglie, è stato uno
dei primi atti sociali dell’uomo.
La maschera o il mascherarsi è da considerarsi un gesto antico,
primordiale della vita umana, utilizzato per riti religiosi, rappresentazioni
teatrali, feste folkloristiche.
Con il termine Maschera si indica un oggetto che ricopre totalmente o
parzialmente la figura umana per nascondere chi la indossa e dissimularne
l’identità, o per dare sembianze diverse. Il vocabolario Treccani riporta
questa definizione: «Finto volto, di cartapesta, plastica, legno o altro
materiale, riproducendo lineamenti umani, animali o del tutto immaginari e
generalmente fornito di fori per gli occhi e la bocca; può essere indossata a
scopo magico - rituale (per es., per rappresentare con efficacia antropomorfica
l'essenza divina o demoniaca), bellico (per incutere terrore al nemico), di
spettacolo (per comunicare con immediatezza il carattere e la funzione di un
personaggio), di divertimento (come le maschere dai tratti spesso grotteschi
che si usano per il carnevale), o semplicemente per non farsi riconoscere (e in
questo caso potrà avere forma molto semplice)».
Maschere teatrali |
Difficile
risalire alle origini etimologica del termine. Due le ipotesi principali. La
prima fa derivare il termine da una voce preindoeuropea masca «fuliggine,
fantasma nero». La seconda, invece, suggerisce la derivazione
da masca «strega», voce regionale di area ligure e piemontese cui
appartengono anche i derivati mascaria «incantesimi, stregoneria, magia»
e mascassa «stregona, stregaccia». Masca, a sua volta, deriva dal
latino tardo masca(m), sostantivo femminile usato nel senso di “strega”. Secondo
il folklorista Paolo Toschi nelle zone della Lombardia “masca” significa prima
di tutto uno spirito ignobile, il quale, simile alle strigae romane, divorava
uomini vivi. Sembra che originariamente “masca” significasse un morto, avvolto
in una rete per ostacolare il suo ritorno sulla terra, costume che si ritrova
presso alcune popolazioni primitive. Frequente è l’uso di masca, sempre per
indicare strega, nel latino medioevale. Secondo alcuni studiosi, la maschera è
collegata alla morte. Basti pensare alle “mascherate” che si tenevano in tutta
Europa in occasione delle Calende di gennaio, periodo nel quale si riteneva che
gli spiriti dei morti tornassero sulla terra. Secondo il sociologo
Alessandro Pizzorno il modello originario della maschera sarebbe stato il
teschio umano o il cranio di un animale. Per alcune tradizioni (ad es. quella
Dogon) la maschera apparve quando il primo antenato, avendo voluto conoscere la
lingua segreta, fu punito dagli dèi con la morte. L’apparizione della maschera
risulta, dunque, contemporanea della mortalità umana: la maschera verrebbe, in
questo senso, a “ristabilire l’ordine sul disordine provocato dalla morte” In
questo modo, chi durante un rituale indossa una maschera, muore come individuo
e si distacca dalla sua persona (=maschera) quotidiana per impersonare
un essere a-temporale, fissato nella maschera che lo rappresenta: si può quindi
affermare che “la maschera comincia là, dove si abolisce la persona”
ovvero la maschera che ogni individuo indossa nella sua quotidianità. La
persona che si nasconde dietro alla maschera “cerca di innestare la propria
azione sul corpo della sua storia quotidiana, interrompe la propria identità
personale, sottrae ogni azione che compie alla responsabilità del prima e del
poi”. (Sulla Maschera di Alessandro Pizzorno, Il Mulino, 2008). All’interno di
una situazione cerimoniale in cui tutti i partecipanti al rito sono mascherati,
le maschere servono a sopprimere la coscienza personale per realizzare
l’identità di coscienza di tutte le persone presenti.
Saturnalia romani |
Proprio
per questo suo carattere ambiguo, che la maschera s’inquadra bene della festa
del “Carnevale”, la cui celebrazione ha origini in festività ben più
antiche, come le dionisiache greche (le antesterie) o
i saturnali romani. Durante queste feste si attuava un
temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie, per lasciar
posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e alla dissolutezza. Il noto
storico delle religioni Mircea Eliade scrive nel saggio Il Mito dell'Eterno
Ritorno: «Ogni Nuovo Anno è una ripresa del tempo al suo inizio, cioè una
ripetizione della cosmogonia. I combattimenti rituali fra due gruppi di
figuranti, la presenza dei morti, i saturnali e le orge, sono elementi che
denotano che alla fine dell’anno e nell'attesa del Nuovo Anno si ripetono i
momenti mitici del passaggio dal Caos alla Cosmogonia». Il carnevale s’inquadra
quindi in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli
spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce a una dimensione
metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino. Posto tra “la morte”
dell'inverno e la “rinascita” della primavera, il Carnevale segna un passaggio
aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi. Le anime, per non diventare
pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi
provvisori: essi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato
apotropaico, poiché chi le indossa, assume le caratteristiche dell'essere
soprannaturale rappresentato.
In
definitiva la maschera è uno strumento di alienazione dalle convenzioni
spazio-temporali, avente lo scopo di proiettarsi verso “altro” in modo
“diverso” da sé. Chi indossa la maschera perde la propria identità, assumendo
quella della maschera che rappresenta.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)
RITA BEVILACQUA
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