Barrafranca 1908- via Convento |
La storia di "Catina a viddana" al secolo
Maria Catena Balsamo si innesta nella povertà che caratterizzava il paese di
Barrafranca nel primo decennio del 1900. Le strade erano fangose, percorse da
tanto in tanto da muli, cavalli e qualche carretto. S’incontravano bimbi
scalzi, sporchi, e anche animali di ogni genere: galline, oche, maiali, cani. Le
case erano piccole, umide, in gran parte senza intonaco, costituite da un solo
locale dove i contadini dormivano con gli animali. La povertà era tanta e
l'economia si basava sull'agricoltura: la sera si vedevano flotte di muli con
sopra i contadini che tornavano dalle campagne dopo una lunga giornata di
lavoro.
Ma chi era "Catina a viddana" ?
Maria Catena Balsamo era una fornaio che dai modi e
dall'aspetto assomigliava più ad un uomo che ad una donna. Il marito era in
carcere e i più anziani raccontano che vivesse con molti uomini. Era sempre
pronta a scendere in piazza contro la prepotenza dei signori, impugnando la
bandiera che teneva in casa e recandosi al comune per far valere i diritti dei
contadini. Proprio per questo comportamento "vivace", non comune ad
una donna di quei tempi, veniva emarginata dalle altre donne. La vicenda che
vede protagonista Maria Catena Balsamo fu lo scoppio del malcontento contadino
dopo l'ennesima tassa che il sindaco di allora, l'avvocato Luigi Bonfirraro,
mise a spese dei poveri già tartassati: la "tassa sul
morto".
Barrafranca Municipio e chiesa di san Francesco, anni '20 |
"Pupazzu di canigghia
va leva li carrozzi
e la tassa di famigghia!"
riferito al sindaco Bonfirraro.
Circa tremila persone si diressero
verso il municipio per protestare, tanto che la forza pubblica usò tutti i
mezzi per indurre i dimostranti a sciogliere pacificamente la manifestazione,
ma una parte di essi, capeggiati appunto da "Catina" che, stretta tra
le mani la bandiera tricolore e accompagnata alcuni rivoltosi, soprattutto
donne, si diressero al Municipio e forzata la porta, irruppero dentro alla
rimessa delle carrozze. Rovesciatole in strada, iniziarono a danneggiarle, ma
vennero bloccati dalla forza pubblica. I disordini degenerarono tanto che
costrinsero l'amministrazione ad asserragliarsi entro le mura comunali.
Allontanati dal Municipio, la folla si riunì nella piazza antistante, iniziando
a buttare sassi verso le forze dell’ordine.
Arrivarono anche i carabinieri a cavallo da Caltanissetta che,
dopo varie lotte, sedarono la rivolta. Dopo tre giorni di duri scontri, i
dimostranti riuscirono a far revocare l’obbligatorietà del trasporto con la
carrozza, ma i capi della sedizione vennero tutti denunciati. Molti furono gli
arrestati durante e dopo il tumulto. Tra questi anche "Catina a
viddana".
Per molto tempo si sentivano ragazzi cantare:
"Catina a
viddana
purtava a bannera,
a stessa sira
a misiru in galera.
Catina a viddana
purtava a bannera
a minzu i surdati
pariva na dragunera."
Un resoconto dettagliato di quei
momenti lo trovate nel: “Giornale di Sicilia” del 26- 27 marzo 1912 e “L’Ora” di
Palermo del 23-24 marzo 1912.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)
RITA BEVILACQUA
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