giovedì 21 dicembre 2017

A BEDDA MATRI IN CAMERA CUSIVA- antico canto natalizio siciliano

Per il popolo siciliano, il Natale è stato da sempre fonte d’ispirazione tanto da comporre canti, nenie e preghiere che esprimessero una religiosità fatta di gesti e parole semplici, di chi vive la fede in modo semplice e naturale. Il popolo, da subito, ha recepito la religione ufficiale facendola sua, calandola nella propria cultura e usandola in modo a lui più congeniale, ossia adattando  i canoni della fede cristiana alle proprie consuetudini. Ci troviamo di fronte ad una religiosità semplice, spontanea, fatta di rituali quasi “magici”, unici, che rispecchiano il vivere comune. Ne è da esempio un antico canto popolare dal titolo A BEDDA MATRI IN CAMERA CUSIVA. Si tratta di un canto antico, il cui testo è in dialetto siciliano ed è conosciuto in molte parti dell’isola, con  varianti diverse. Questo, come molta della produzione poetica siciliana, fa parte di quelle tradizioni tramandate oralmente,che risentono delle diverse varianti della lingua parlata, tipica di ogni paese siciliano. L’argomento tratta di uno spaccato di vita della Santa Famiglia, descrivendone i gesti nella quotidianità di tutti i giorni. Maria che rattoppa (ripizza) i pantaloni (cauzi) di Giuseppe, mentre il figlio (Tridduzzu), adagiato nella culla (naca) piange. A consolarlo interviene l’arcangelo che, in alcune versione, è Gabriele, in altre Raffaele.
Si tratta di una famiglia semplice, umile (i cazi a San Giuseppi ripizzava),  che vive con gioia e dignità la propria condizione (ccu tantu amuri ci li accomodava) di povertà (Pizzuddi novi e vicchi ci mintiva). I personaggi non hanno i connotati di santità tipici della Santa Famiglia, ma sono visti nella loro “umanità”,  nel loro essere famiglia “comune”, in cui tutte le famiglie di allora possano riconoscersi. Riportiamo due delle tante versioni che si cantano in Sicilia.
A BEDDA MATRI IN CAMERA CUSIVA

A bedda Matri in camera cusiva
i cazi a San Giseppi ripizzava.
Pizzuddi nuvi e vicchji ci mintiva
ccu tantu amuri ci li accomodava.
Tridduzzu ‘ndi la naca chi cianciva
l’angilu Gabrieli lu nacava.
Du paruleddi santi ci diciva:
“Durmi Tridduzzu, figghiu di Maria! (Barrafranca-EN)


La beddra Matri ‘ncammara siria
Li robbi a san Giuseppi arripizzava
Pizzuddri novi e vecchi ci mittia
E pi l’amuri so l’accummirava
Lu Bammineddru nna la naca chiancia
L’ancilu Raffaeli l’annacava
Fa la vò e fa la ninna ci ricia
Tu si lu veru figghiu di Maria! (Castellammare Golfo- TR)
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA


sabato 25 novembre 2017

Il 25 Novembre 1882 nasceva a Barrafranca Francesco Umberto Saffiotti

Francesco Umberto Saffiotti
Quasi sconosciuto nel suo paese natio, Barrafranca, Francesco Umberto Saffiotti fu un’importante personalità della Psicologia e della Filosofia italiana degli inizi del Novecento. Anche se non visse e operò a Barrafranca, è importante ricordarlo per il suo grande impegno nella nascente Psicologia.
Francesco Umberto Saffiotti nacque a Barrafranca (EN) il 25 Novembre 1882. Iscrittosi alla Facoltà di filosofia dell’Università di Messina, Francesco Umberto Saffiotti si laurea nel 1908 con una dissertazione sulla Psicologia delle menti associate di Carlo Cattaneo. Era anche convinto che la psicologia doveva essere autonoma dalla filosofia.
Nel 1909 fu nominato assistente nel Laboratorio di psicologia pura ed applicata di Milano diretta da Zaccaria Treves, esperienza che gli fornisce la possibilità di affinare le sue capacità di ricercatore. Nel 1912 fu chiamato da Giuseppe Seri in qualità di assistente presso l’Istituto di antropologia dell’Università di Roma. Nel 1917 conseguì la libera docenza in psicologia sperimentale. Con lo scoppio della Grande Guerra, il Saffiotti fu chiamato alle armi e vi partecipa come Sottotenente di Fanteria, prima in trincea e in seguito come Caporeparto preso l’Ufficio psicofisiologico dell’Aeronautica militare di Torino. Nel 1920, la Facoltà di lettere dell’Università di Palermo gli affidò l’incarico ufficiale dell’insegnamento di Psicologia Sperimentale e la direzione dell’annesso laboratorio. È la prima volta che la Psicologia Sperimentale appare nell'ordinamento degli studi delle università italiane. Sempre a Palermo tiene l’incarico delle esercitazioni di storia della filosofia presso la Facoltà di lettere e l’insegnamento di antropologia presso la Facoltà di scienze. Nel 1926 rientra a Milano per dedicarsi all’attività di ricerca e per curare la realizzazione di un Laboratorio di psicologia applicata al lavoro. Morì il 20 ottobre 1927 a Milano.
La sua produzione scientifica è caratterizzata da una mole di volumi ruguardante i metodi di misurazione dell’intelligenza in età scolare e  lo studio di alcuni problemi psicopedagogici dell’infanzia, nei suoi aspetti sia normali che patologici. Ecco un elenco cronologico delle sue opere:
(1908). A proposito di Carlo Cattaneo. La Critica, VI, fasc. IV, pp. 314-316.
(1911). La selezione degli anormali scolastici. La Critica Medica, I, Milano.
(1911). Psicologia e pedagogia sperimentale nell’opera di Zaccaria Treves. Modena: A.F. Formiggini.
(1911). La Psicologia sperimentale nell’indirizzo pedagogico moderno. Rivista di pedagogia, n. V, Genova.
(1911). Psicologia e pedagogia sperimentale nell’opera di Zaccaria Treves. Modena: A.F. Formiggini.
(1912). L’assistenza degli anormali scolastici e la prevenzione della delinquenza minorile. Atti II Congresso Nazionale Società patronato per minori e carcerati, Torino.
(1912). L’échelle métrique de l’intelligence de Binet e Simon modifié selon le méthode de Treves-Saffiotti. Année Psychologique, Paris.
(1913). Contributo allo studio dei rapporti tra l’intelligenza ed i fattori biologico-sociali nella scuola.Rivista Romana di Antropologia, vol. XVIII.
(1914). Sul quoziente d’intelligenza nella misura dell’età mentale in rapporto all’età fisica. Rivista Antropologica, Roma.
(1916). La misura dell’intelligenza nei fanciulli. Esame critico delle proposte di misura finora fatte e contributo d’indagini personali. Roma: Società Romana di Antropologia.
(1918). Provvidenze sociali e legislative per i minorenni anormali. La Scuola positiva di Enrico Ferri, XXVIII, Roma.
(1919). Brevi note preventive sui risultati di alcune ricerche sui candidati dell’aviazione e sui piloti. Ricerche biologiche sull’aviazione. Volume speciale del Giornale di Medicina Militare, Roma.
(1919-20). La psicologia sperimentale in Italia. Origini e svolgimento. Studi e Ricerche dell’Istituto di Psicologia della Regia Università di Palermo, n. 1, Palermo.
(1920). La psicologia sperimentale in Italia: origini e svolgimento. Rivista di Psicologia, a. XVI, n. 2, Zanichelli, Bologna.
(1922). Come si deve intendere l’esame dell’attività psicomotrice (tempi di reazione) considerata come indice di attitudine professionale. Atti della III Conferenza di Psicologia applicata all’Orientamento professionale, Milano.
(1924). Psicologia, Industria e Lavoro. Atti della Conferenza dell’Istituto di Medicina Sociale, Palermo.
(1927). La psicologia applicata al lavoro, la sicurezza e l’igiene nell’industria. Bollettino dell’Associazione Nazionale per la Prevenzione degli infortuni sul lavoro, Anno XIV, n.1, Milano.
(1927). La Psicologia per l’incremento dell’Industria. Securitas organo dell’Ass. Naz. per la prevenzione infortuni sul lavoro, Anno XIV, N. 5.
Treves, Z., Saffiotti, F.U. (1910): La Scala metrica dell’intelligenza di Binet e Simon studiata nelle scuole elementari di Milano. Milano: Stabilimento tipo-litografico G. Civelli. (Fonte Aspi- Archivio Storico della Psicologia Italiana) (Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA


sabato 18 novembre 2017

Il 18 novembre 1910 nasceva lo storico barrese dott. Angelo Ligotti

Angelo Ligotti
La storia di Barrafranca (EN) è costellata da tanti stimati professionisti che, con le loro ricerche, hanno dato lustro e visibilità al paese natio. Oggi parleremo dello storico barrese dott. Angelo Ligotti, ricordandone  la figura di medico, archeologo e studioso.  
Angelo Ligotti nacque a Barrafranca il 18 novembre 1910 da Onofrio e da Giuseppina Piazza. Ultimo di sei figli (Giuseppina, Maria, Benedetto, Rosa e Rosalia), dopo il diploma in Lettere classiche, frequentò la facoltà di  Medicina presso l’Università di Catania. Il 1° novembre 1937 conseguì  la laurea in Medicina e Chirurgia.
Nel 1938 conseguì l’abilitazione presso l’Università di Padova e, nel 1939, si specializzò in Malariologia e in Igiene pubblica. Lo stesso anno fu chiamato a dirigere il Laboratorio Provinciale d’Igiene e Profilassi, reparto micrografico, di Pola (Istria). Nel 1940 fu richiamato alle armi, come tenente medico, presso il 74° Fanteria di Pola. Promosso capitano, nel 1942, venne assegnato alla direzione del laboratorio batteriologico dell’isola di Arbe (Dalmazia).
Nel 1948 si sposò con Anna Trubia, da cui ha avuto un solo figlio, Onofrio.
Nel corso della seconda guerra mondiale, partecipò a diverse azioni belliche con il 2° battaglione del 74° Fanteria, con la 57° sezione di sanità e con il 63° ospedale da campo. Terminata la guerra, conseguì l’idoneità a medico provinciale e, vinto il concorso a medico provinciale di ruolo, esercitò le sue funzioni a Bologna, a Ragusa e alla direzione generale di sanità di Roma. Dopo alcuni anni decise di abbandonare la carriera per fare l’ufficiale sanitario e il medico condotto a Barrafranca. In questo periodo approfondisce i propri studi in campo sanitario e batteriologico, tanto che le sue ricerche furono oggetto di pubblicazione. Ricordiamo: La malattia di Aujeszky (o pseudorabbia, malattia virale del suino causata da un Varicellovirus); Sulla filtrabilità del bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis, bacillo responsabile, nell’uomo, della tubercolosi); Sulla dissociazione batterica del bacillo di Eberth nei portatori (affetti cioè da febbre tifoidea provocata dal batterio della Salmonella); O jednom slucaju limfosarkoma rektuma (linfosarcoma rettale); Un caso di malattia di AujeszkiContributo sullo studio del tifo petecchiale (trasmesso dai pidocchi, ne è responsabile la Rickettsia prowazekii).
La grande passione per la storia e l’archeologia, nata agli inizi dei suoi studi classici e abbandonata per intraprendere gli studi di Medicina, lo portarono a riprenderne gli studi. Le sue intuizioni diedero un notevole contributo alla storia di Barrafranca e del suo territorio. Numerose le pubblicazioni a tal riguardo. Topografia antica del “Casale” presso Piazza Armerina; Note sulla Chiesa di S. Niccolò “in territorio Commecini;  Note su Philosophiana e Calloniana alla luce di nuovi rinvenimenti archeologici dove descrive  i praedia di Philosophiana e Calloniana; Barrafranca (Enna) - Rinvenimenti archeologici nel territorio; Su Grassuliato e su altri abitati dell’interno, e sul significato del nome “Bonifatius”, rinvenuto al “Casale”; Note sul Risorgimento Siciliano con appendice di documenti inediti su uno sbarco Garibaldino (1854-1857); Discussioni di storiografia siciliana medioevale; Sul presunto toponimo aragonese di Grassuliato; La penetrazione cristiana nella zona di Barrafranca, Piazza, Pietraperzia e Mazzarino secondo le recenti scoperte. L’opera sua più importante fu Notizie su Convicino (L’Hibla Galatina sicula, la Calloniana romana), detta poi Barrafranca, attraverso nuovi documenti e la successiva Identificazione definitiva di Calloniana .  Collaborò con Paolo Orsi in moltissime ricerche della Sicilia orientale. Fu impegnato con Biagio Pace in una serie di indagini archeologiche in centri romani dell’Isola.
Il ministero della Pubblica Istruzione, direzione generale delle accademie e biblioteche, con decreto ministeriale del 21 marzo 1960, lo nominò  Ispettore bibliografico onorario per le biblioteche dei Comuni di Barrafranca, Mazzarino, Gela e Butera, per il triennio 1960/63. Fu corrispondente di autorevoli riviste scientifiche, storiche, archeologiche e paleografiche, tra cui le riviste “Archivi” e “L’Alfiere”, fu corrispondente dell’Accademia dei Lincei, delle Società di Storia Patria e dei rispettivi Archivi storici.
Si spense  a Barrafranca il 17 dicembre del 1984
 Palazzo Ligotti
Per il valore dei suoi studi storici e archeologici gli furono conferite numerose onorificenze, tra cui: Commendatore dell’ordine al merito della Repubblica italiana; Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia; Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine di San Giorgio di Antiochia; Grand’Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro; Accademico della biblioteca partenopea di Lettere, scienze ed arti; Socio delle Società di Storia Patria di Palermo, Catania, Siracusa, Messina e Napoli.
A perenne memoria gli è stata intitolata la stradina che fa ad angolo con il Corso Garibaldi, dove il . Ligotti aveva lo studio medico, facente parte di un'enorme palazzina sita proprio nel Corso.I noltre nel centenario della sua nascita, l’amministrazione Comunale dell’allora sindaco Angelo Ferrigno pose una lapide nella sua abitazione, sita nel Corso Garibaldi.
(Fonti: Salvatore Ciulla, “Barrafranca anni Trenta”; Salvatore Licata, “Barresi in primo piano”.) 
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA

domenica 8 ottobre 2017

L’8 ottobre 1881 nasceva lo storico barrese don Luigi Giunta

Don Luigi Giunta
Nell'anniversario della sua nascita, vogliamo ricordare una delle figure più prestigiose della storia di Barrafranca (EN), amato e stimato dal suo popolo sia come uomo, sia come sacerdote, sia come storico. Stiamo parlando dello storico barrese don Luigi Giunta. Egli condusse tutta la sua vita con rigore e umiltà, al servizio della comunità e della chiesa.
Luigi Giunta nacque a Barrafranca l’8 ottobre 1881 da Vincenzo e da Antonina Di Dio, abitanti in via Guerreri.  Dopo avere studiato presso il Seminario Vescovile di Piazza Armerina, fu ordinato sacerdote da monsignor Mario Sturzo, vescovo della Diocesi, il 21 novembre 1903, a Mazzarino.
Nel 1906 fu vicario cooperatore della chiesa  Maria SS. della Purificazione di Barrafranca.
Dal 3 aprile 1931 fu rettore della chiesa di San Giuseppe di Barrafranca
Dall’8 febbraio 1933 fu vicario economo della chiesa  Maria SS. della Purificazione
Dal 22 gennaio 1934, parroco della chiesa Maria SS. della Purificazione(allora unica parrocchia), successivamente elevata a chiesa Madre. 1918, durante l'epidemia della "spagnola"  e nel 1929, durante l’epidemia "meningite cerebro-spinale", si prodigò per aiutare moralmente e spiritualmente le migliaia di cittadini colpiti dal morbo, non curante del possibile contagio.
Interno chiesa Madre inizi del '900
Durante i bombardamenti del luglio 1943, anche la chiesa Madre fu colpita mentre don Luigi celebrava messa. Incurante dei crolli, si buttò tra le macerie per salvare la gente che era rimasta disperatamente intrappolata. Subito dopo si impegnò nella ricostruzione della chiesa sensibilizzare con l’esempio e le parole la cittadinanza, che concorse generosamente per la ricostruzione della loro chiesa Madre. Incurante della morte, amministrò l’estrema unzione alle vittime che i bombardamenti avevano provocato. Per tutti aveva una parola di conforto e di incoraggiamento. Uno dei suoi tanti atti di coraggio fu  nell'affrontare gli Americani e chiedendo loro di lasciare liberi due soldati tedeschi che erano stati fatti prigionieri e che erano tenuti legati a testa in giù. Gli Americani non accolsero la sua preghiera, ma per l’intraprendenza dimostrata, gli fu attribuita la Croce di Commendatore dell’Ordine Militare d’Aragona.
Tanto era stimato e ben voluto da tutti che don Luigi custodiva nella sua abitazione in via Guerreri  l’oro del SS. Crocifisso e mai risultarono ammanchi. Fu anche uomo di vastissima cultura: scrisse poesie in latino e in italiano; racconti; un romanzo; una satira e due bellissime tragedie liriche: Il Conte Ugolino della Gherardesca, in tre atti, e Sant’Agnese, in quattro atti; tutti andati irrimediabilmente perduti. L’opera principale, grazie a cui è passato alla storia, è costituita da "Brevi cenni storici su Barrafranca" pubblicata nel 1928. Egli riuscì a ricostruire la storia delle origini e dei successivi sviluppi del proprio paese natio. Collaborò alla rivista "La Siciliana" di Siracusa, dove pubblicò diversi articoli sulla storia di Convicino.
Lapide commemorativa in via Guerreri
Si spense  a Barrafranca il 27 novembre 1966.
A perenne memoria gli è stata intitolata una delle strade che si intersecano con il vilae Gen. Cannada,  di fronte alla caserma dei Carabinieri e, in occasione del ventennale della sua morte, il 7 novembre 1986 l’Amministrazione Comunale dell’allora sindaco prof. Giovanni Nicolosi, pose una lapide nella sua abitazione sita in via Guerreri.
Fonti: Don Lino Giuliana, La Chiesa di Piazza Armerina nel Novecento; Salvatore Licata, Barresi in primo piano (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

martedì 12 settembre 2017

12 settembre 1986 delibera intitolazione Viale Catena al Gen. LUIGI CALCEDONIO CANNADA

Gen. Luigi Calcedonio Cannada
Uno dei doveri della Società è tramandare alle nuove generazioni la storia e i personaggi che l’hanno caratterizzata.  Per questo motivo, le amministrazioni comunali intitolano strade, scuole o una piazza a uomini illustri che hanno dato lustro al proprio paese nativo. Oggi vogliamo ricordare l’intitolazione del viale Catena di Barrafranca (EN) al Generale Luigi Calcedonio Cannada. Si tratta di una delle arterie principali del paese, molto frequentata, ma pochi conoscono la storia della sua intitolazione. Per i meriti e il valore dimostrato durante la sua lunga carriera militare, alcune Amministrazioni del passato avevano tentato di intitolare al valoroso cittadino il tratto che va dalla fine del Corso Garibaldi al Bivio Catena. Con l’amministrazione del sindaco prof. Giovanni Nicolosi si arriva alla definitiva intitolazione.
Difatti il 12 settembre 1986 il Consiglio Comunale delibera l’intitolazione del Viale Catena al valoroso Generale Cannada per il suo coraggio, la sua onestà, la sua abnegazione verso il suoPaese e verso l’Arma dei Carabinieri. Distintosi in varie azioni sia della Prima che della Seconda Guerra Mondiale, dedicò tutta la vita al servizio del Paese.
Ricordiamo ai posteri la figura del generale CANNADA.

LUIGI CALCEDONIO CANNADA nacque a Barrafranca il 4 maggio 1895. Fratello del defunto Dott. Arturo CANNADA, fondatore dell’omonima farmacia. Dopo aver conseguito la licenza liceale, fu ammesso all’Accademia Militare di Modena, dove esce col grado di Sottotenente. Assegnato al 147° Fanteria, in zona di guerra, si distinse in numerose imprese.
Il 5 giugno 1917 fu gravemente ferito sul monte Mrzli, chiamato più semplicemente dai soldati italiani Monte Smerle, lungo la valle dell’Isonzo, tra la Bainsizza e Caporetto, appena al di là della frontiera tra Italia e Slovenia. Dopo aver frequentato un corso per allievi piloti presso il Battaglione Scuola Aviatori, divenne istruttore pilota. Fu uno dei primi piloti della nascente aeronautica e istruttore nel campo di aviazione  militare della Malpensa fino al dicembre 1919.
Nel 1920 fu assegnato alla Legione Carabinieri di Palermo. Promosso capitano, svolge il proprio servizio in diversi reparti della penisola.
Nel 1934, assegnato al Ministero della Guerra, divenne responsabile della sezione di controspionaggio in Friuli – Venezia Giulia.
Partecipò come comandante di battaglione alla Seconda Guerra Mondiale nei Balcani (ottobre 1940-maggio 1941)
Nel 1942, raggiunto il grado di tenente colonnello, comandò l’XI Battaglione Carabinieri in Montenegro.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, rifiutò di collaborare con i tedeschi  e venne fatto prigioniero dai nazisti e internato in vari lager fino alla fine della guerra.
Promosso Colonnello, nel 1952 comandò la Legione Carabinieri di Padova.
Nel 1956 fu nominato Generale di Brigata e, infine, Generale di Divisione nell’ausiliaria. Si spense a Padova il 25 marzo 1966.
Per i suoi meriti, ha ricevuto diverse onorificenze. Ne elenchiamo alcune: Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia: Croce al merito di Guerra;   medaglia  Militare d’argento al merito; medaglia Mauriziana al Merito; decorato della Croce d’Oro per anzianità di Servizio. Inoltre fu autorizzato a fregiarsi di un particolare distintivo d'onore, per la sua ferita riportata il 4/6/1917 sul Monte Mrzli. 
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA

domenica 30 luglio 2017

Il 30 luglio 1872 nasceva a Barrafranca Alfonso Canzio

Alfonso Canzio
Grande personaggio della storia di Barrafranca, che sacrificò la propria vita per il movimento contadino barrese, fu Alfonso Canzio.
Alfonso Canzio nacque a Barrafranca il 30 luglio 1872 da Alfonso (classe 1836) e da Concetta Marchì (classe 1842). Secondo di sei figli. Di professione contadino. Già giovinetto s’interessò ai problemi della classe contadina, impegnandosi in prima persona nelle lotte politiche e sociali. Il 25 ottobre 1900 sposò Giustizia Alfonsa Bonasia (abitante al quartiere Costa), di anni 19. Dall’ufficio anagrafe di Barrafranca non risulta che avessero avuto figli.
Fu uno dei fondatori della locale “Lega di Miglioramento dei Contadini”, sita in via Convento, l’attuale Via Umberto, nata a Barrafranca agli inizi del’900,  nella quale i soci, con l’aiuto del Monte Frumentario cui ogni socio contribuiva e da cui potevano attingere per avere in anticipo grano da utilizzare sia per semenza sia per uso familiare, trovavano una risposta anche parziale ai loro bisogni. Alfonso fu l’anima del movimento socialista barrese e una delle guide più autorevole del movimento contadino barrese nel primo decennio del 1900.
Via Convento, 1908
Nel marzo 1912 lo troviamo alla guida della lotta contro l’Amministrazione comunale guidata da Luigi Bonfirraro che aveva imposto, tra l’altro, l’obbligo di servirsi delle carrozze comunali per il trasporto dei defunti e ne aveva aumentato i costi di servizio. Nel luglio del 1914 il Canzio fu eletto come consigliere comunale (nel frattempo era diventato vice presidente della Lega di miglioramento), assieme al presidente della Lega Salvatore Gagliano. Il 26 Luglio il Consiglio comunale di Barrafranca elegge sindaco il Cav Onofrio Virone che guiderà una Giunta in cui  Canzio venne scelto come assessore supplente. Nel primo dopoguerra guidò le lotte contadine riuscendo a imporre contratti favorevoli ai lavoratori della terra. Nel maggio 1918 in Sicilia si costituì la “Federazione delle Cooperatrice Agricole Siciliane”, cui aderì anche la Lega di Barrafranca. Lo scopo della Federazione era di risolvere il problema del latifondo siciliano attraverso la divisione delle terre ai contadini, mediante le loro cooperative. Il 1918 fu caratterizzato da aspre lotte contadine. La reazione dei latifondisti, sia a Barrafranca come in tutta la Sicilia, non si fece attendere. A Barrafranca i latifondisti individuarono in Alfonso Canzio il maggiore nemico, il difensore  dei contadini. Così ne decisero l’eliminazione. I primi di dicembre del 1919 un certo Luigi Paternò ,detto “U Surdu” amico del Canzio gli tese, ferendolo gravemente a un braccio con pallettoni unti d’aglio, un agguato davanti alla sua abitazione. Morirà per sopraggiunta cancrena il 13 dicembre 1919. Allora si pensò che il mandante dell’omicidio fosse stato il Cav. Giuseppe Bartoli, proprietario terriero di Mazzarino. L’omicida Luigi Paternò fu trovato morto a Barrafranca in via Carcerati. Anche il cav. Bartoli in seguito morì avvelenato.
Esecutrice di questi efferati delitti fu la mafia agraria che si vedeva gravemente minacciata dall’impegno radicale di questi dirigenti del movimento contadino. Gli agrari e la mafia locale non avevano perdonato al Canzio il suo coraggioso ruolo dirigente svolto nel movimento.
Di lui ci rimane il ricordo delle sue gesta e un firma autografa rilevata da un documento dell’Archivio di Stato di Caltanissetta e riportata dal prof. Salvatore Vaiana nel suo volume: Una storia siciliana tra Ottocento e Novecento, edito nel 2000 da Bonfirraro Editore.
Fonti: Salvatore Vaiana, Una storia siciliana tra Ottocento e Novecento, edito nel 2000 da Bonfirraro Editore; Ufficio Anagrafe di Barrafranca: Stato di Famiglia originario dei Canzio e Certificato di matrimonio di Alfonso Canzio. (Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA

martedì 23 maggio 2017

Il 23 maggio del 2013 veniva inaugurato il Monumento ai Caduti della 2ª Guerra Mondiale

Barrafranca (EN) giovedì 23 maggio 2013. Era una bella e assolata mattinata, quando venne inaugurato il Monumento ai Caduti della 2ª Guerra Mondiale, sito nel Corso Garibaldi vicino al Plesso Europa, nato dall’iniziativa del Cav. Giovanni Collura e dell’Ass. Nazionale Carabinieri- sez. di Barrafranca, di cui è presidente il Mar. Enzo Pace e voluto dall'amministrazione del sindaco Salvatore Lupo.
Per l’occasione il Prefetto di Enna S.E. Clara Minerva, consegna alla città di Barrafranca la medaglia di Bronzo al Merito Civile concessa dal Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano, con decreto del 12 aprile 2012, per fatti riguardanti il secondo conflitto mondiale. La motivazione fu la seguente: con la seguente motivazione: "La cittadina durante il secondo conflitto mondiale subì i bombardamenti aerei, prima americani e poi tedeschi, che provocarono numerosi morti e feriti e la distruzione quasi totale delle abitazioni.
La popolazione sopportò gli avvenimenti bellici con coraggiosa determinazione e generosa solidarietà, prodigandosi in aiuto dei superstiti. Chiaro esempio di spirito di sacrificio ed elette virtù civiche. Luglio 1943 – Barrafranca (EN). Alla cerimonia erano presenti il sindaco di Barrafranca avv. Salvatore Lupo, il Presidente del Consiglio Comunale Zuccalà e tutti i consiglieri e gli assessori, il maggiore del
Comando Polizia Municipale Giacomo Stazzanti, l’Associazione Nazionale Carabinieri-sez. Barrafranca, l’Associazione Combattenti e Reduci sez. Barrafranca e tutte le scolaresche degli Istituti scolastici di Barrafranca con docenti e rispettivi Dirigenti.  Gli onori militari sono stati resi da un picchetto in armi dell’Esercito Italiano, mentre la Marina Militare ha provveduto all’alza bandiera. Al momento della deposizione della corona di alloro, erano schierate le diverse rappresentanze dell’Esercito, della Marina, dei Carabinieri, della Polizia, della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale, delle Associazioni Vittime Civili di Guerra e Combattenti e Reduci e numerosi familiari dei caduti i vittime del bombardamento.
La benedizione è stata impartita da Don. Pasquale Bellanti della Diocesi di Piazza Armerina e da Don Giacinto Magro della parrocchia “Santa Famiglia di Nazareth”. Tante le personalità intervenute tra cui Il Procuratore della Repubblica Dr. Ferrotti, il Questore Vicario di Enna Dr. Foti, il Comandante Provinciale dei Carabinieri T. Col. Daidone ed il Comandante della Guardia di Finanza, T. Col. Sciarretta, il Capitano Scotto comandante la Compagnia di Piazza Armerina e diversi Sindaci dei comuni limitrofi. Le fasi della cruenta battaglia e dei bombardamenti svoltesi nel caldo luglio del ‘43, sono state dettagliatamente descritti dal Colonnello Mario Piraino del Comando Regione Militare Sud. Notevole il tributo di sangue che la cittadinanza di Barrafranca ha pagato durante le seconda guerra mondiale. Ammontano, infatti, a 61 le vittime dei due bombardamenti (da parte degli alleati prima e dei tedeschi dopo) del 10 e del 18 luglio 1943, mentre si stimano in oltre 250 i feriti.
Il 4 novembre 1994, alla presenza di S.E. il Prefetto di Enna, delle massime autorità civili, militari e religiose e di una compagnia di formazione del 151° Reggimento “Sassari”, è stata inaugurata, per la sempre abnegazione di Giovanni Collura, nella Piazza “Pier Santi Mattarella”, una stele a perenne ricordo delle vittime civili di guerra. Per questi fatti la concessione della medaglia di bronzo al merito civile al Comune di Barrafranca.
Sotto alcune foto dell'evento. (Foto e materiale sono soggetti a copyright) 
RITA BEVILACQUA






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martedì 25 aprile 2017

La leggenda barrese dello scambio delle statue di Sant’Alessandro e di San Rocco


Tra le tante leggende popolari che si raccontano sui Santi, oggi riportiamo quella sullo scambio delle statue di due Santi: Sant'Alessandro, patrono di Barrafranca (EN) e San Rocco compatrono di Pietraperzia (EN). La leggenda vuole che la statua di Sant'Alessandro si trovasse a Pietraperzia e quella di San Rocco a Barrafranca. Durante una festa, in cui parteciparono entrambe le statue, per sbaglio i pietrini portarono a casa San Rocco e i barresi Sant'Alessandro, scambiando così per sempre le due statue. Non a caso i barresi mostrano nei confronti di San Rocco una grande devozione, recandosi ogni anno il 16 agosto, giorno in cui si festeggia il Santo, nella vicina Pietraperzia.

Sant'Alessandro patrono di Barrafranca

Testimonianze su questa leggenda si trovano nel libro "Fiabe e leggende Popolari Siciliane" (1888) di Giuseppe Pitrè. Questi riporta un racconto narratogli da un certo Francesco Puleo dal titolo “lu Ballafranchisi”. Nella parte iniziale si racconta che una volta a Pietraperzia avevano come Santo protettore Sant'Alessandro e a Barrafranca San Rocco. Ora questi santi, tanto i Barrafranchesi che i Pietraperzesi li portavano entro una chiesa vicina a Barrafranca e vicina a Pietraperzia. I Pietraperzesi stanchi del loro santo, decisero di scambiarlo con quello dei Barrafranchesi.  
Anche don Filippo Marotta nella sua "Antologia delle tradizioni popolari" narra di una storia simile, narratagli da un Pietrino. Questi racconta che, a causa di una forte siccità, le due comunità decisero di fare un pellegrinaggio alla Madonna della Cava, portandovi in processione le statue di san Rocco e di Sant’Alessandro. E così ebbero un’abbondante pioggia. Nella confusione che seguì al ritorno, i pietrini si portarono a casa San Rocco e i barresi Sant'Alessandro. 

San Rocco compatrono di Pietraperzia

Notizie di questa leggenda si ritrovano anche nel diario del barrese Giuseppe Salamone, quando parla della festa di Sant'Alessandro. Al riguardo scrive: "Barrafranca formatosi paese ebbe per patrono dai monaci san Rocco, mentre Alessandro era di già protettore nel prossimo paese di Pietraperzia a sei chilometri da Barrafranca a Nord ovest. Tra Perzesi e Barrafranchesi vollero fare una festa in comune portando i Santi protettori dell’uno a l’altro paese. Arrivati colà, ristabilirono che quelli di Barrafranca portassero in processione Sant’Alessandro e quelli di Pietraperzia San Rocco. Così fecero: ma ad un certo punto i Barrafranchesi abusando della fiducia perché, credevano san Alessandro più miracoloso, infilarono, prepotenti in tutto, la via e si portarono a Barrafranca Sant’Alessandro, lasciandovi San Rocco."

FONTI: Giuseppe Pitrè, "Fiabe e leggende Popolari Siciliane", Palermo, 1888; Filippo Marotta, "Antologia delle tradizioni popolari, degli usi e costumi, … di Pietraperzia"; Giuseppe Salamone, Quaderno di Giuseppe Salamone di Barrafranca, Codice o Catechismo Regolamento famigliare Salomoniesco, Penitenziario di Volterra; Fonti orali. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA


domenica 23 aprile 2017

La devozione dei ragazzi nei confronti del SS. Crocifisso- ottava del Venerdì Santo

I quattru “Trunu di carusi” in Piazza Regina Margherita
Nel pomeriggio di venerdì 21 aprile 2017 le strade di Barrafranca (EN) si sono animate con la processione di ben quattro “Trunu di carusi”, così chiamati dai barresi. Si tratta di una copia,  realizzata in misure ridotte, della macchina processionale che il popolo barrese chiama TRUNU, con cui è portato in processione il SS. Crocifisso nel giorno del Venerdì Santo. Il venerdì successivo al Venerdì Santo, a Barrafranca ricorre “l’Ottava del SS. Crocifisso”, giorno in cui i fedeli possono andare a rendere omaggio, presso la chiesa Madre, al SS Crocifisso. Peculiarità di questa giornata è “il bacio” a Gesù Crocifisso: i fedeli hanno l’opportunità di entrare in contatto diretto con il Santissimo, di sfiorarlo con le dita e di ricevere il “cotone benedetto”. Come nel giorno del Venerdì Santo sono i loro padri a rendere omaggio al SS Crocifisso, portandolo in processione, cosi il Venerdì d’OTTAVA sono i ragazzi i protagonisti.
Daniele Cumia, baby sindaco di Barrafranca e Simone Bonelli
Sono partiti  da quattro diversi quartieri del paese: quartiere “Puntaterra- Poggio” quello realizzato nell'abitazione di Daniele Cumia, baby sindaco di Barrafranca, aiutato da alcuni amici; quartiere “Villaggio” realizzato nell'abitazione di Mauro Munda,aiutato da alcuni compagni di scuola; quartiere “Madonna” realizzato nell'abitazione di Stellino, aiutato dai ragazzi del quartiere  e quartiere “Grazia”, realizzato dai ragazzi del quartiere. Hanno percorso alcune vie principali, per poi ritrovarsi tutti e quattro in Piazza Regina Margherita, tra lo stupore della gente e di molti curiosi che si sono avvicinati per ammirare il lavoro di quei ragazzi, devoti al SS. Crocifisso. Hanno lavorato tanto, pomeriggi interi, molti di loro sono stati aiutati dai familiari e da alcuni amici più grandi, realizzando il loro TRUNU con materiali poveri e di riciclo. Hanno usato travi, assi di legno, meccanismi per alzare l’asta e inserire la spera, Crocifissi e le scocche benedette, quelle utilizzate negli anni passati per la festa del Venerdì Santo. Sono state le loro spalle, piccole ma forti, a portare “U Trunu” per le vie del paese.
Don Giacomo Zangara impartisce la benedizione
Tutti hanno cantato il canto funebre “Misericordia” composto dal M° Salvatore Rizzo, hanno suonato le scattiole e alcuni di loro hanno eseguito passi dei lamenti, sotto la guida del giovane Simone Bonelli. Dopo una sosta in Piazza, a turno sono scesi davanti al sagrato della chiesa Madre dove li attendeva il parroco don Giacomo Zangara che, emozionato, ha impartito la benedizione. Al termine, al grido di “iammisilicordia”, sono tornati nelle loro case, contenti e soddisfatti. Questa “Ottava di Venerdì Santo” 2017 sarà ricordata come il venerdì dei tanti “TRUNU di carusi”. Non si era mai visto a Barrafranca nello stesso posto più di un TRUNU. In genere ogni gruppo faceva girare il proprio nel quartiere. Adesso tutti e quattro hanno percorso lo stesso tragitto, tutti alla volta della chiesa Madre. Questo dimostra come le nuove generazioni sono legate alle tradizioni dei loro padri, animati dalla voglia di rendere, a loro modo, omaggio al SS. Crocifisso. Il pomeriggio di sabato 22 aprile sarà portato in processione un quinto “Trunu dei carusi” del quartiere Poggio. (Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA








giovedì 30 marzo 2017

I PARTI DI SANTA BRIGIDA- la versione barrese della compianta Giuseppina La Zia


Foto dal Web
Una delle più famose orazioni in dialetto siciliano che si recitavano (qualche anziano ancora li recita) durante la Quaresima (e non solo) è quella conosciuta come I PARTI DI SANTA BRIGIDA, avente per argomento le famose “Rivelazioni Celesti” che Cristo fece a Santa Brigida riguardanti la sua Passione. Santa Brigida di Svezia (Finsta, 3 giugno 1303 – Roma, 23 luglio 1373) da non confondere con Santa Brigida d'Irlanda (che si festeggia il 1 febbraio) è stata una religiosa e mistica svedese, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore; fu proclamata santa da papa Bonifacio IX nel 1391. Il 1 ottobre 1999 è stata dichiarata da Giovanni Paolo II  compatrona d’Europa, insieme a santa Caterina da Siena e santa Teresa Benedetta della Croce.
Questa orazione è recitata non solo in tempo di Quaresima ma tutto l’anno, come protezione alla morte.  L’orazione di santa Brigida, nelle sue versioni cantate e recitate, è una delle più interessanti espressioni religiose tramandate oralmente, basata sul tema contemplativo della Passione di Gesù Cristo, secondo alcuni motivi ricorrenti nella fabulazione drammatica del mito pasquale. Propagatori dell’agiografia e quindi ispiratori delle preghiere popolari furono i cantastorie ambulanti, che, con il loro girovagare, diffondevano le vicende dei Santi, e non solo, tra gli strati più bassi della popolazione, trasmettendo quella cultura che, ai nostri giorni, c’è data dai libri e dalle moderne fonti d’informazione. Per la consuetudine di Brigida col soprannaturale, la pietà popolare pose sotto la sua protezione il momento della morte. Tale canto è stato variamente adattato e contaminato dalle diverse forme di folklore che contraddistinguono la Sicilia. Il suo schema consiste di due parti: la prima è una sommaria esposizione della passione di Cristo, mentre nella seconda s’invoca una buona morte. Secondo la religiosità popolare, chi reciterà quest’orazione per tanti anni, la Santa arriverà in sogno.
Giuseppina La Zia
Trattandosi di orazioni tramandate oralmente, ne esistono diverse varianti. Noi riportiamo quella della signora Giuseppina La Zia di Barrafranca (EN), scomparsa nel 2016 all’età di 94 anni, animata da un grandissimo senso religioso. Conosceva a memoria tante preghiere dilettali, alcune delle quali lei stessa riuscì a trascrivere, nonostante conoscesse solo le basi della scrittura. L’orazione è stata registrata personalmente dall'autrice dell’articolo e trascritta così per come è stata recitata.
§ Brigida Santa inginocchiata stava                                
davanti o Crucifisso chi ciangiva (liggiva)
la passione ci la rivilava
la cruna di li spini ci mintiva,
e ccu na manu la torcia addumava (accantu tiniva),
cu l’altra manu lu libbru liggiva.
Subbitu Gesù Crucifissu a rispunnutu,
prestu ‘cu Santa Brigida a parlatu
ci cunta li flagelli ca patì
la passioni ci la rivilà.
Giuda di Marcu quannu mi ferì
con una Santa mascidda mi pigghià.
Brigida cadì n’terra e stranguscì,
di lacrimi lu pittu si lavà.
Su, alzati Brigida chi t’aiu canusciutu,
Cristu dell’arma tò s’è infiammatu
cu si ni penti di li sò  piccati
Cristu pirdona a te qualunqui offesa.
20 surdati purtavanu a mmia
300 volte cascai ppi la via
e quannu a casa di Anna mi purtarunu
ppi tutta la città mi cunnuciru
e strettu alla colonna mi taccaru
3 ossa dilla spalla mi nisciru
la stessa notte chi mi flagellaru
in piedi nun putia stari
la mattina ebbi a parlari la mia matri divina
appi 320 ributtuna
1666 furinu lu curpi ddi li scurriati
e i suldati ivanu avvicinannu
e unu chi battia cu la catena,
la catena a li cuddu mi ttaccaru,
‘nti Pilatu mi purtaru a trascinuni.
Pilatu era affacciatu a lu barcuni
e con un mantello di scallatu finu,
tannu gli Ebrei cuminciarunu a diri:
Cristo di uomo chiù non può campari,
rispunni unu limpiu e suttili,
a Cristu di nuvo l’ammu fricillari.
Oh Brigida cuminciaruni li martiri,
oh Brigida mi vinniru a ‘ttaccari e duluri smisuratamenti,
povera mammma quantu mi nutrì,
quannu al monte calvariu mi cchianaru,
cascaiu in terra cu tutta la cruci,
la facci e li ginicchia mi straziaiu
quantu fu grande e pesante dda cruci,
una cosa sula mi soddispiacì
chi va cianginnu mia Matruzza duci.
Chi jurnata crudeli fu tannu
lu suli si cuprì di malu signu.
La Matri santa ci dissi a Giuvanni:
-tocca a ma figghiu si è vivo o murtu.
Giuvanni Santu si vota gianginnu
-pazienza madri mia che già finì.
Sta razione cu la voli dire
40 jorna nni devi lintati
di mala morte non si pò murire
e Di ni scanza di pene infernali.
3 giorni prima la comunione,
Santa Brigida ne viene a visitare
e quannu è ura di muriri
Gesù Cristu mi viene accumpagnari.
Questa litania va a cuntu nustru
dici una Avi Maria e un Padre nustru. (Giuseppina La Zia)
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 
RITA BEVILACQUA