sabato 29 settembre 2018

Devozione barrese alla NOSTRA SIGNORA DEL SACRO CUORE

Fercolo della "Nostra Signora del Sacro Cuore" dopo il restauro del 2015

A Barrafranca (EN) la festa della Nostra Signora del Sacro Cuore, che nel paese si festeggia l’ultima domenica di settembre, chiude il ciclo delle feste estive dedicate alla Madonna.  Non sappiamo quando a Barrafranca sono iniziati i festeggiamenti. Nel suo Dizionario (1907) il Nicotra scrive che una statua della suddetta Madonna si trovava nella chiesa di san Francesco nell'omonimo altare (attualmente  reca una statua dell’Immacolata) e si celebrava in questa chiesa ogni prima domenica di agosto (vedi anche "Guida alle principali chiese di Barrafranca" del barrese Gaetano Vicari). Non sappiamo perché fu spostata la data. Si potrebbe ipotizzare che, dovendo chiudere il ciclo estivo dei festeggiamenti concernenti i vari patroni o santi che caratterizzano tutti i comuni siciliani, anche a Barrafranca si decise di festeggiare a fine settembre la nuova devozione, sorta con l’arrivo in paese della statua, avvenuta nel 1879 e realizzata dalla casa Daniel di Parigi, sotto richiesta dei frati minori per la loro chiesa di san Francesco. In seguito a questioni sorte tra i frati, la statua fu donata alla chiesa Madonna dell’Itria. La statua fu posta nella nicchia dell’altare Maggiore della chiesa che prima custodiva la statua della Madonna dell’Itria. Nell'estate 2015 la statua fu inviata a Ortisei (BZ) per essere restaurata e riportata agli antichi splendori. Il restauro è stato effettuato dalla ditta Stuflesser di Ortisei, restauratori e realizzatori di sculture di legno. Il tutto è stato possibile grazie alle offerte dei fedeli. I festeggiamenti prevedono una novena di preparazione, che si svolge nella chiesa della Madonna dell’Itria e infine i festeggiamenti di domenica con la tradizionale processione serale per la "Via dei Santi".
La devozione della Chiesa Cattolica alla Nostra Signora del Sacro Cuore risale al 1857 e nasce a Bourges, in Francia, dove un giovane sacerdote Giulio Chevalier (1824-1907) fonda la “Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore”. Fu proprio il giovane sacerdote a far presente ai suoi confratelli che nella sua congregazione Maria sarebbe stata onorata con il titolo di “Nostra Signora del Sacro Cuore”. La prima effige risale al 1891 e l’immagine prescelta era l’Immacolata (come appariva nella medaglia miracolosa di Caterina Loboué), ma con una novità: in piedi, davanti alla Madonna, vi era Gesù fanciullo mentre con la sinistra mostra il suo cuore e con la destra indica la madre. L’immagine fu poi cambiata nel 1874 da papa Pio IX in quella che attualmente è riconosciuta dalla chiesa (e che fino a qualche anno fa si usava pure a Barrafranca): Maria con il bambino in braccio nell’atto di svelarne il Cuore, mentre il Figlio indica la Madre. La preghiera che si legge dietro l’immagine fu scritta dallo stesso Chevalier. Il calendario liturgico non prevede una giornata particolare in cui celebrare la “Nostra Signora del Sacro Cuore”.


Preghiera scritta da Giulio Chevalier:
"Ricordatevi o Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, del potere ineffabile che il vostro divin Figliolo vi ha dato sopra il suo Cuore adorabile. Pieni di fiducia nei vostri meriti, noi veniamo ad implorare la vostra protezione. O Celeste Tesoriera del Cuore di Gesù, di quel Cuore ch’è la sorgente inesauribile di tutte le grazie, e che Voi potete aprire a vostro piacere, per farne discendere sopra gli uomini tutti i tesori di amore e di misericordia, di lume e di salute ch’Esso racchiude in sè, concedeteci, ve ne scongiuriamo, i favori che vi domandiamo… No, noi non possiamo ricevere da Voi alcun rifiuto, e poiché Voi siete la nostra Madre, o Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, accogliete benignamente le nostre preghiere e degnatevi di esaudirle.
Così sia."
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA

venerdì 21 settembre 2018

21 settembre 1990: il giudice Rosario Livatino fu ucciso con armi rubate a Barrafranca

A sinistra la macchina del giudice Livatino- a destra Rosario Livatino

Aveva solo 38 anni (li avrebbe compiuti a breve) il giudice Rosario Livatino quando perse la vita nella lotta contro la mafia, colui che voleva dare “un’anima alla legge”, come aveva detto poco prima di morire. Ad ucciderlo dei sicari che imbracciavano armi rubate mesi prima a Barrafranca (EN).
Erano circa le nove di un tranquillo venerdì di settembre,  precisamente il 21 settembre 1990,  quando sulla statale 640 Agrigento-Caltanissetta il giudice Rosario Livatino, mentre si trovava nella sua auto, una Ford Fiesta amaranto,  fu ucciso da alcuni killer a bordo di un’auto e di una moto. Nonostante il giudice fosse già morto, l’assassino inferì sul suo corpo sparandogli ancora in segno di sfregio e lasciandolo in una pozza di sangue.
Viaggiava senza scorto il Giudice che voleva infliggere un duro colpo alla mafia. Aveva indagato su appalti, traffico di droga, riciclaggio e su vicende di mafia. Durante le indagini fu scoperto che le armi usate per l’agguato erano state rubate il 30 marzo 1990 a due carabinieri in servizio a Barrafranca (EN). Questo è emerso dal processo che si è svolto a Caltanissetta nel dicembre del 2003 a carico  di S.B. di Ravanusa, che all’epoca della rapina a Barrafranca aveva 17 anni. (Fonte: quotidiano “La Sicilia”,  articolo pubblicato nel 2004 da Angelo Severino). Riportiamo i fatti.
Stele in onore del giudice Livatino
Il 30 marzo del 1990 S.B. si trovava, insieme ad altri quattro ravanusani, a Barrafranca (EN) con lo scopo di compiere una rapina all’ufficio postale, allora sito nel centro del paese. La rapina però fallì poiché sul posto erano arrivati due carabinieri della locale Stazione per un ordinario controllo del territorio. La banda decise allora di aggredire i due militari dell’Arma e, pistole alle mani, li minacciarono e li derubarono delle armi: due pistole tipo Beretta M92 e una mitraglietta M12. A causa dell’increscioso evento, i due militari furono trasferiti altrove. Da successive indagine emerse che le armi rubate ai carabinieri in servizio a Barrafranca, furono successivamente utilizzate per compiere crimini anche eclatanti, come nel caso dell’uccisione del giudice Rosario Livatino.
Per la morte del giudice Livatino sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti  sono stati tutti condannati, in tre diversi processi, all’ergastolo con pene ridotte per i “collaboranti”. Nel 1993 il vescovo di Agrigento ha incaricato Ida Abate, che del giudice fu insegnante, di raccogliere testimonianze per la causa di beatificazione. Il 19 luglio 2011 è stato firmato dall’arcivescovo di Agrigento il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione, aperto ufficialmente il 21 settembre 2011 nella chiesa di San Domenico di Canicattì. Nel luogo dove fu ucciso i genitori del giudice hanno fatto erigere una  Stele ad eterna memoria. Tuttavia, il 18 luglio 2017 mani sacrileghe hanno danneggiato la Stele.
Rosario Livatino
ROSARIO LIVATINO era nato a Canicattì (AG) il 3 ottobre 1952, figlio di un avvocato di nome Vincenzo  e di Rosalia Corbo. Conseguita la maturità, nel 1971 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza a Palermo presso la quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova 119 119 presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di “giudice a latere”. Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli Siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni. Numerose le inchieste sulla mafia dell’agrigentino e di altre zone della regione.  Per questo motivo la mafia decise di eliminarlo! 
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA


venerdì 14 settembre 2018

In occasione dell’Esaltazione della Croce, Barrafranca celebra il SS. Crocifisso




L’ESALTAZIONE della CROCE, che ricorre il 14 settembre, è una ricorrenza religiosa in cui la Chiesa commemora “LA CROCE” dove fu Cristo fu Crocifisso. La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l’antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all’umiliante condizione di schiavo (la croce, dal latino “crux”, cioè tormento, era riservata agli schiavi) e il supplizio viene tramutato in gloria. La croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana. La data scelta ricorda il ritrovamento della croce di Gesù da parte di sant’Elena, avvenuto nel IV secolo e secondo la tradizione proprio il 14 settembre: in quel giorno la reliquia fu alzata dal vescovo di Gerusalemme di fronte al popolo, che fu invitato all’adorazione. La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella “dell’Anàstasis”, cioè della Risurrezione. Col termine di “esaltazione”, che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall’imperatore Eraclio nel 628 d.C.

In occasione della festa, a Barrafranca (EN) i fedeli possono rivedere e adorare il SS. Crocifisso, che si trova nella chiesa Madre. Tutto l’anno il Santissimo è custodito dentro ad un tabernacolo posto nell’omonimo altare e viene “svelato” ed esposto ai fedeli solo tre volte l’anno: il Venerdì Santo, che è portato in processione, l’Ottava del venerdì santo, per le funzioni in chiesa e il 14 settembre, in occasione della festa dell’esaltazione della Croce. I fedeli troveranno il Santissimo esposto nell’ altare maggiore e avranno anche la possibilità di partecipare alle funzioni liturgiche, alla fine delle quali potranno baciare il Santissimo e portare a casa il cotone benedetto. Ogni anno per l’occasione la Chiesa Madre è gremita di persone che vanno a render omaggio al Santissimo, a pregare e, secondo una pratica cristiana, a baciarlo. A conclusione della giornata,  in religioso silenzio il popolo dei fedeli aspetta che il Santissimo venga velato e riposto nella teca che lo custodisce tutto l’anno. Ritornerà tra i suoi fedeli nella giornata del Venerdì Santo.
Ma che valenza assume nel culto cristiano questo bacio?

L’atto del baciare è uno dei gesti più usati nella vita sociale: si baciano i figli, i coniugi, gli amici. Anche nel culto cristiano, il bacio ha un’importante valenza simbolica. Come gesto, il bacio appartiene a quel linguaggio non verbale che è pur tipico della liturgia e della devozione: ne sono esempio il baciare immaginette sacre, statue e soprattutto le immagini del Crocifisso. Questa è una consuetudine molto antica e deriva dall'usanza che c’era a Gerusalemme di far baciare il “Legno della Croce” ai pellegrini, perché quel Legno fu reso sacro dal Sangue del Signore e quindi era un gesto di venerazione verso Nostro Signore che patisce e muore in Croce per noi. Da Gerusalemme, tramite i pellegrini l’adorazione della Croce arrivò alle altre Chiese.  Non esistono altre occasioni liturgiche che prevedano cose simili. Vi è, però, in molte occasioni la tradizione (non liturgica) di venerare la Vergine Maria o i Santi (soprattutto le reliquie) con il bacio. Dopo il Concilio Vaticano II, con l’istituzione «Inter Oecumenici» del 1964 (n. 36), sono stati soppressi diversi baci a oggetti sacri. In questo contesto, il bacio diventa elemento di comunicazione, sia a livello antropologico e psicologico e, di conseguenza, come segno per esprimere un atteggiamento di fede. Quando i fedeli a massa si recano a “baciare” il SS. Crocifisso inchiodato alla Croce non fanno altro che andare ad adorare, con sentimenti di amore riverenziale, chi è morto in croce per salvare l’umanità, a entrare in comunione con le sue sofferenze. Il bacio diventa così centrale nel momento dell’adorazione: permette al fedele un contatto fisico diretto con il Cristo, divenendo simbolo di unione e riconciliazione. 
Fonte: Rita Bevilacqua, SETTIMANA SANTA A BARRAFRANCA, Bonfirraro Editore, 2014 (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA 



venerdì 7 settembre 2018

7 settembre 1978-7 settembre 2018: 40° anniversario dell’Incoronazione della tela di Maria SS. della Stella


Incoronazione con monsignor Sebastiano Rosso
Sono già passati quarant’anni dalla Solenne Incoronazione delle immagini della Madonna e del Bambino raffigurati nella nuova tela di Maria SS. della Stella, compatrona di Barrafranca (EN) dipinta allora dal pittore barrese prof. Gaetano Vicari.
A causa di un furto sacrilego, avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 giugno del 1977, la città di Barrafranca era rimasta orfana dell’effige della sua Compatrona, protettrice e Madre amorevole. Era necessario che il popolo avesse una nuova effige di Maria, appellata della Stella, che li proteggesse, che li aiutasse nei momenti più difficili. 

La signora Maria Caltavuturo
Grazie ad un concorso indetto da don Giuseppe Zafarana, parroco della chiesa Maria SS. della Stella e dalla Commissione diocesana di Arte Sacra, il 13 agosto 1978 Barrafranca ebbe la nuova tela di Maria SS. della Stella, realizzata dal pittore barrese Gaetano Vicari. Il 30 agosto alla presenza del Vicari e di tanti fedeli, la nuova tela di Maria SS. della Stella entra per la prima volta nell’omonima chiesa e viene benedetta dal parroco don Giuseppe Zafarana. La Solenne Incoronazione della Madonna e del Bambino avvenne invece durante le celebrazioni solenni del 7 settembre 1978. 
In una chiesa gremita di barresi, alla presenza del sindaco di Barrafranca professor Totò Faraci, delle autorità civili e del clero barrese, Sua Eccellenza mons. Sebastiano Rosso, allora vescovo della diocesi di Piazza Armerina, incorona l’immagine della Madonna e del Bambino con nuove Corone e nuovo stellario in argento tempestate da acque marine e topazi, opera di Santo Gambino (Ditta Fredi di Catania). Il tutto fu offerto dalla signora Maria Caltavuturo, vedova del professor Calogero Ferreri, da sempre devota alla Madonna.
Diploma di Primo premio
Ricordando quei momenti, Gaetano Vicari racconta che il giorno dell’incoronazione, la dodicesima stella dello stellario non fu affissa alla tela, perché la dodicesima era applicata sulla corona. La tredicesima stella fu donata, insieme al diploma di Primo Premio all’autore del dipinto Gaetano Vicari, il 12/08/1978 dal Parroco di allora. Nel 2014 è stata aggiunta allo stellario la dodicesima stella realizzata dall'Argenteria Amato di Palermo, perfettamente uguale alle altre. Inoltre l’illustre pittore si rammarica del fatto che il quarantesimo anniversario stia passando inosservato. 
Incoronazione della Vergine Maria
Riportiamo una parte della testimonianza del pittore Gaetano Vicari manifestata in occasione del 30° anniversario della benedizione e incoronazione del nuovo quadro di Maria SS. della Stella, anno 2008 (Il testo integrale si trova nel sito www.gaetanovicari.it)
«Decisi di partecipare e mi adoperai a procurare la tela e tutto l’occorrente di ottima qualità. Il compito però era molto arduo perché si trattava di rifare un’opera che avrebbe sostituito la vecchia immagine, alla quale il popolo barrese era legato da sentimenti antichissimi di fede e devozione. La Madonna della Stella aveva assunto per Barrafranca a poco a poco un grande valore familiare e affettivo a discapito del patrono sant’Alessandro.
Maturò così in me l’idea che, per continuare la tradizione, avrei concepito una composizione con la stessa sagoma della vecchia, nella quale la Madonna che allatta il Bambino con i due santi ai lati sarebbe stata formulata con soluzioni personali, anche se classicheggianti.
Cominciando l’esecuzione di questa intuizione, ben presto capii che si sarebbero presentate diverse difficoltà da risolvere e superare. Per iniziare, cercai di riprodurre le parti dell’antico dipinto che ritenevo più adatte all’idea che avevo progettato, come il cielo e, nei limiti del possibile, la figura del san Giovanni; ma gli altri personaggi dovevano essere completamente rielaborati.
Avevo trasferito lo studio pittorico in un casolare di campagna, dove ogni giorno mi recavo a dipingere. Mi dedicai al quadro per quasi tre mesi. Fu un lavoro intenso, pieno di fervore e di delusioni, di ripensamenti e di soddisfazioni. Quante volte accarezzai con il pennello le gote della Madonna; quante volte rifeci e corressi gli occhi, cercando quello sguardo materno e puro; quante volte rifeci l’accenno del sorriso delle labbra: rifacevo, cercavo, sfumavo per trovare tra sguardo e sorriso quell’equilibrio, che avrebbe prodotto e fissato l’espressione materna, umana e sovrumana della Madre di Dio.
La figura di sant’Alessandro (per alcuni San Luca) non mi diede tanti problemi anzi mi procurò delle soddisfazioni nella realizzazione del broccato del piviale, della sua fibbia cesellata e dell’anello papale. (Stranamente il santo tiene in mano un libro, oggetto che forse avvalora la tesi la quale sostiene che prima si trattasse di san Luca, che adornato “con mitra e pastorale” [di questo non c’era e non c’è traccia nel dipinto] fu trasformato in sant’Alessandro).
Come ho prima accennato l’attuazione di san Giovanni Battista fu la più vicina all’originale, anche se nell’eseguirla dovetti ricostruire l’anatomia del petto e del braccio, nell’antico dipinto troppo villosi, e rifare più realisticamente la canna e l’agnello.
Tela Maria SS della Stella del pittore Gaetano Vicari
La parte del dipinto con la figura della Vergine doveva essere la  più studiata, perché, come perno della struttura, doveva creare, con l’alternanza  dei volumi, profondità, equilibrio e consistenza  all’insieme. La sagoma antica, che anche qui volli mantenere, determinò diverse difficoltà, specialmente nella posizione del Bambino, nell’originale troppo alto. La mammella che allatta, di conseguenza,  risultò anatomicamente inesatta (cosa che suscitò alcune critiche), anche se sostenuta e sollevata dalla mano della Vergine; e il cuscino su cui siede il Bambino divenne troppo pieno e un po’ sproporzionato: avrei potuto ovviare a questi “difetti”, abbassando il Bambino, ma preferii restare fedele al progetto iniziale. Nella mia scelta fui anche confortato dalle diverse iconografie della Madonna nel corso dei secoli in cui non sono rispettate le proporzioni anatomiche, ma le esigenze emozionali ed istintive dei singoli autori.
Il panneggio del manto e della veste, interamente ricostruito, contribuì a dare profondità alla composizione nella successione delle parti in avanti illuminate dal ceruleo e dal rosa, e di quelle indietro ombreggiate e rese più profonde dall’oltremare e dal rosso cadmio scuro.
 Per finire ricreai la base del trono, della quale nell’originale non c’era traccia, per ripristinare la posizione della Vergine seduta, rispetto ai due Santi ai lati in piedi. La struttura risultò così ben definita su diversi piani, con i due Santi che si stagliano su un cielo mattutino, posti un po’ indietro, e con la Madonna sul trono in primo piano, la quale avanza in uno slancio d’amore verso i fedeli.
Durante i mesi di incessante lavoro pittorico, il casolare di campagna fu meta di molte visite: amici, parenti, conoscenti venivano a trovarmi per vedermi dipingere e per ammirare l’opera, che a poco a poco prendeva forma. Molte cose furono motivo di discussione, qualche piccolo “difetto”, visto o scoperto da occhi diversi dai miei, venne corretto; altri particolari, frutto di convincimento ragionato, rimasero tali e quali…ma tutti erano concordi nel sostenere la  validità dell’ impostazione e l’armonia della composizione. (Venne anche il parroco don Giuseppe Zafarana ed un pittore barrese partecipante allo stesso Concorso).
Il pittore Gaetano Vicari e don Giuseppe Zafarana

Man mano che il lavoro procedeva, si rafforzava in me la convinzione di andare creando una pala la quale mi recava, nell'esecuzione e nel risultato dell’abbozzo generale, una sensazione di appagamento, che mi spronava a proseguire, anche perché la scadenza della consegna incalzava.
Finita la fase della schematizzazione complessiva, mi dedicai alla cura dei particolari, cercando di non disturbare l’armonia e l’equilibrio dell’insieme.
Le ultime rifiniture e i ritocchi richiesero molto tempo, anche perché in una tela di quelle proporzioni non si finiva mai di correggere, rivedere, ritoccare, sfumare… riservai speciale attenzione allo sfavillìo degli ori dei bordi, delle stelle e delle aureole (delle quali ho mantenuto le proporzioni originali, restando quella di San Giovanni più piccola rispetto alle altre), in un gioco equilibrato di ocra oro e giallo di cadmio. All’ultimo momento dovetti dipingere anche lo Stellario e la piccola stella cometa sul manto, (un amico mi aiutò a dividere il cerchio in dodici parti uguali).
Allo scadere del tempo, a discapito della fatica fisica e mentale per l’impegno di mesi, l’immagine di Maria S.S. della Stella era completata: il dipinto nel suo insieme mi dava un senso di soddisfazione, percezione che cresceva man mano che osservavo il quadro anche nei particolari; e mi consolava il fatto che chi lo ammirava per la prima volta  e coloro che lo avevano visto realizzarsi esprimessero tutti lo stesso consenso. GAETANO VICARI»
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)
RITA BEVILACQUA
Corona della Vergine Maria

Corona del Bambin Gesù

Stellario

(Foto e materiale sono soggetti a copyright)


martedì 4 settembre 2018

MARIA SS DELLA STELLA- tradizioni e folklore

La devozione dei barresi a Maria SS della Stella è di antica origine. Compatrona del paese, viene festeggiata con tradizioni folkloristiche paricolarti.
Un'espressione di arte popolare, caratteristica di questa festa, è la costruzione delle "STELLE di CARTA VELINA".
Stella di carta velina realizzata da Giuseppe Danilo Cumia
Di antica origine, anticamente venivano usate  come semplici abbellimenti, appese alle porte delle case site lungo il percorso della processione. Quando arrivò l'elettricità a Barrafranca, furono usate per illuminare le strade, data la scarsa illuminazione pubblica.
Queste hanno una struttura tridimensionale  realizzate con canne, carta velina di diversi colori e colla di farina e vengono illuminate grazie ad una lampadina posta all'interno. Adesso sono poche le "stelle di carta velina" appese ai balconi, anche perché sono pochi quelli che riescono a realizzare.
 Stella realizzata in legno dal signor Angelo Scordo 
Uno di questi è Giuseppe Danilo Cumia che ha imparato la tecnica dal maestro Orofino.
Accanto a qualche "stella di carta velina", si trovano anche stelle realizzate in altri materiali: come questa della foto a sinista realizzata in legno dal signor Angelo Scordo intorno agli anni'50. 
Altra antica tradizione è la preparazione del "torrone di mandorle". Anticamente non c'era famiglia barrese che, nei giorni prima la festa, non preparasse a casa il torrone, da consumare giorno 8 in onore della Madonna. Si sa che la festa coincideva con la raccolta delle mandorle (adesso la raccolta viene anticipata), di cui il territorio barrese è uno dei maggiori produttori del territorio ennese.Fatto in modo semplice con mandorle e zucchero, girato e rigirato in un gran pentolone, finché lo zucchero non si sciolga e si amalgami con le mandorle, era il dolce tipico della festa.
7 settembre del 2012
Il 7 settembre del 2012, presso piazza Fratelli Messina, fu preparata un'enorme stella, tutta realizzata in torrone, alla presenza di un folto pubblico di barresi. Alla fine il torrone venne distribuito alla popolazione.
Ma la tradizione per eccellenza che contraddistingue la nostra festa è la manifestazione chiama "Ritini".
I "Ritini" sono una sfilata che si svolge nel pomeriggio di giorno 8 e termina prima della messa vespertina, celebrata in onore della Madonna. Si tratta, come dicevo prima, di una sfilata di cavalli  muli e carretti, bardati con sfarzosi pennecchi, selle rivestite di seta ricamata e munite di sonagli e specchietti che brillano al sole.
Carretto durante la sfilata dei ritini

I carretti, tipici siciliani, sono di mirabile fattura, alcuni realizzati dall'artista barrese Roberto Caputo in cui sono presenti non solo le classiche scene siciliane, ma anche particolari della nostra festa.
Sia i cavalli che i carretti trasportano il grano offerto come ex voto dai fedeli per "grazia ricevuta" o, come avveniva in passato, per ringraziare la Madonna del raccolto avuto e chiederle protezione per la prossima stagione.
Il grano viene trasportato sui cavalli mediante "bisacce" rinforzate agli angoli con cuoio nero e ornati con fiocchetti colorati. Alcuni recano pure l'immagine della Madonna.
Bisacce
Anticamente le piccole quantità di grano offerte dalla povera gente venivano posizionate sui carretti, mentre le famiglie più ricche ed importanti del paese, avevano i loro fattori, che trasportavano il grano sulle proprie mule, sistemato nei "varduna" ("basto"-grossa sella realizzata in legno, che si carica sui cavalli per trasportare ceste o altro carico).
Quando tutto il grano offerto viene raccolto, cavalli e carretti si incontrano all'inizio del paese e carichi di grano, sfilano per le strade del paese, accompagnati dagli sbandieratori e dalla banda musicale fino alla chiesa Maria SS. della Stella, dove li attende un'immensa folla pronta a vederli correre verso i magazzini della chiesa dove il grano verrà consegnato. Anticamente era propiziatorio andare a vedere la quantità di grano che si era accumulata al magazzino, perché dalla quantità accumulata si capiva l'abbondanza dei raccolti: più era il grano donato più abbondanti erano stati i raccolti.
Questa antica tradizione ancora resiste all'usura del tempo, anche se con le dovute trasformazioni che l'evoluzione sociale comporta: adesso le quantità di grano donate sono inferiori rispetto al passato; inoltre la devozione, più semplice ma sincera, che contraddistingueva la religiosità "popolare" di una volta è mutata, basata soprattutto sulle regole del commercio e di un modo più disincantato di vedere la vita.
(Foto e materiale è soggetto a copyright)

RITA BEVILACQUA

domenica 2 settembre 2018

Antica preghiera barrese a Maria SS. della Stella

A sinistra l'antica tela trafugata; a destra l'attuale tela di Maria SS della Stella
L’8 settembre Barrafranca (EN) festeggia Maria SS. della Stella, compatrona  della cittadina dal 1572 quando la municipalità e il clero  dichiarano Maria SS. della Stella e sant'Alessandro entrambi patroni di Barrafranca.
E' di antico retaggio la devozione del popolo barrese nei confronti di quell’Icona Mariana su cui aleggiavano tante leggende, già a partire dalla stessa esecuzione. Tanto l’amore e la fede nei confronti di quella Madre amorevole che molte volte, come racconta la tradizione, aveva protetto i suoi figli dall’attacco delle locuste. Una prima volta da un’invasione che colpì non solo Barrafranca, ma l’intera Sicilia dal 1689 al 1711. In quell’occasione il quadro fu portato in processione assieme al simulacro del SS. Crocifisso miracoloso. Protegge di nuovo il suo popolo  dall’ondata di quelle distruttive locuste sia nel 1784 sia nel 1798.
Questa grande devozione ha spinto il popolo a comporre preghiere in suo onore.
Oggi riportiamo una bellissima preghiera in vernacolo barrese  d’invocazione e di richiesta di grazie a Maria Santissima appellata "della Stella".

Antico santino del 1908
"Bedda Matri di la Stidda
siti bedda e piccilidda
sta jurnata unna passati
chi stà grazia ma ta ‘ffari
chi m'avuti a cunsulari
ppi ssu figghjiu ch'aviti 'mbrazza
cunciditimi sta grazia.
Bedda Matri di la  Stidda
siti Matri piccilidda
cchiù piccilidda siti
tanti grazi nni  faciti:
nni faciti una a mia
chi vi dicu ľavi Maria.
Bedda Matri di la Stidda
unnaju a nuddu ppì vicina
aju a vui Matri divina
difinnitimi stamatina.
Bedda Matri Stidda diana
nna ta cuncediri quattro grazii:
nna tà llibrari di fami, di pesti,
di guerra e di morti subitania."
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA