martedì 25 maggio 2021

"I nove cori degli Angeli" antica pratica devozionale che si faceva a Barrafranca

Antico funerale davanti alla chiesa Madre di Barrafranca

La pratica conosciuta come "I nove cori degli Angeli", che si svolgeva a Barrafranca (EN) fino alla fine degli anni '60, affonda le sue radici in quelle pratiche di devozione popolare che permettono a due persone di stringere un vincolo sotto la tutela cristiana. Una sorta di parentela spirituale che permette a persone estranee di stringere legami indissolubili che solo la morte può sciogliere.

Come tutti i patti che si stringono tra persone, anche questa pratica presuppone tutta una serie di riti e di obblighi che servono a suggellare il patto intrapreso. I nove cori degli Angeli si svolgeva il giorno di Pasquetta che per consuetudine è chiamato "Lunedì dell’Angelo" in ricordo dell’apparizione dell’Angelo alle donne che si erano recate al Sepolcro nel giorno della Resurrezione di Cristo. L'espressione "Lunedì dell'Angelo", diffusa in Italia, non appartiene al calendario liturgico della Chiesa cattolica, il quale lo indica come lunedì dell'Ottava di Pasqua.

In quel giorno, due ragazze stringevano un patto che consisteva nel digiunare per nove anni consecutivi il giorno della Pasquetta, tanti quanti sono i cori angelici. Il beneficio che se ne ricavava era quello che alla morte di uno l’altro superstite si sarebbe adoperato a far partecipare al corteo funebre nove bambine vestite di bianco. Dopo i nove anni o "digiuni" il patto era ormai sancito e le ragazze diventavano "comari" per tutta la vita. In alcuni casi questo patto si poteva estendere ai figli morti prematuramente di una delle due contraenti. Se a morire era una donna non sposata o un bimbo piccolo, le bambine portavano dei cestini pieni di petali di rose bianche che venivano sparsi durante il corteo funebre. I nove bambini, canditi come la loro veste bianca, rappresentavano la purezza degli Angeli che accompagnavano l’anima del defunto. Erano nove, tanti quanti sono i cori degli Angeli, ossia la divisione in "schiere" o "cori" con cui vengono classificati gli angeli. Secondo i Padri della Chiesa gli Angeli si possono suddividere in tre Gerarchie, ognuna delle quali è divisa in tre Ordini differenti, che dalla loro riunione formano quello che si chiamano "I nove Cori degli Angeli". La prima Gerarchia comprende Serafini, Cherubini Troni, la seconda Dominazioni, le Potenze e le Virtù, la terza Principati, Arcangeli e Angeli. Questa divisione si basa sui nomi di angeli che si rinvengono nelle Sacre Scritture. Tra le tante preghiere che la Chiesa dedica agli angeli, molto conosciuta è la "Corona angelica", simile a un rosario, con la quale si pregano gli angeli di ogni gerarchia e si chiede loro di intercedere presso Dio per ottenere la grazia.

Ritornando al patto che i bambini stringevano nel giorno di pasquetta, questo dava la possibilità al futuro defunto di essere accompagnato, nel suo ultimo tragitto terreno, dalla preghiera e dalle litanie di anime candide che gli rendessero più agevole il trapasso nell’aldilà. Per capire il senso di tutto ciò, dobbiamo fare un passo indietro e ricordare alcune delle usanze funebri. Una di queste era quella di far partecipare al corteo funebre le orfanelle del paese. Difatti le suore accompagnavano, dietro richiesta, un nutrito gruppo di orfanelle vestite di nero, ricevendo in cambio l'elemosina. Le orfanelle s’impegnavano a pregare per l'anima del defunto. Più alta era la classe sociale del defunto, più nutrito era la schiera di persone che accompagnavano il corteo funebre, come il clero, i monaci, le orfanelle.

13 febbraio 1956 funerali Maresciallo Troja con le orfanelle 

Queste pratiche di pietà popolare nascono dalla convinzione secondo cui il trapasso nell'aldilà diventa più agevole con le preghiere di famigliari e di anime pure, come i bambini o le orfanelle. Nella cultura popolare siciliana i bambini e i poveri fungono da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, una sorta di "trait d’union" dove i bambini o i poveri diventano il tramite con l’aldilà, agevolandone trapasso. Molti rituali siciliani hanno come protagonista i bambini, vedi le tradizioni del 2 novembre o i poveri che per la loro condizione, la purezza dei bambini e l’indigenza dei poveri, li avvicina a Dio. Inoltre il rituale della preghiera permettere all'anima del defunto di oltrepassare la soglia del Naturale ed elevarsi verso il Paradiso. Secondo i cristiani, infatti, l’anima della persona scomparsa si trova in Purgatorio finché non gli viene permesso di salire in Cielo. Oltre all'ascensione delle anime, le preghiere per i defunti servono anche per far sentire la vicinanza tra chi rimane in vita e la persona scomparsa.

Ringrazio la professoressa Maria Costa per avermi raccontato la sua esperienza e avermi stimolata alla ricerca di questa tradizione barrese e la signora Maria Stella Faraci per la concessione della foto (pubblicata anche nella pagina facebook BARRAFRANCA IN BIANCO E NERO).

P.S Nella foto sono presenti oltre alle bambine vestite di bianco raffiguranti "I nove cori degli Angeli" e le orfanelle vestite di nero, alcuni personaggi del clero barrese di una volta: don Luigi Faraci e i francescani padre Agnello e padre Ludovico.

FONTI: Diego Aleo, Gaetano Vicari, La grande eredità. Viaggio attraverso le tradizioni della Settimana santa nel cuore della Sicilia, ristampa 2018; www.amordei.it; Fonti orali. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

lunedì 3 maggio 2021

Le “corse di sant'Alessandro” e la benedizione dei campi

Sant'Alessandro- Processione serale

Un rituale festivo presente in alcune feste siciliane è quello che gli antropologi e studiosi del folklore chiamano "le corse dei Santi". Di grande effetto scenografico, questo rituale affonda le sue origini nel mondo agrario, per il quale il mese di Maggio era un mese molto importante. L’antropologo palermitano Giuseppe Pitrè scrive che "secondo la credenza, per la festa del Signore, le spighe sono belle e compiute (cunchiuti)". La festa del Signore di cui parla il Pitrè è la festa della Santa Croce che anticamente si festeggiava il 3 di maggio. Come dicono i contadini, in questo mese si farà "l’annata", ossia si vedranno i frutti del lavoro di un anno, delle attese di un buon raccolto. "Si 'ntra maia un t’attalentu, vinni li voi e accatta lu frumentu" (Se entro maggio non vieni appagato delle fatiche, vendi i buoi e compra il frumento) sentenziava un vecchio detto siciliano. Il grano sta per giungere a maturazione e ha bisogno dell’intervento di un’Entità Superiore perchè protegga la raccolta dai fulmini, dagli incendi e da qualunque accidente. Da qui il proliferare di feste dedicate al SS. Crocifisso, celebrate diffusamente il tre o la prima domenica di maggio.

Sant'Alessandro-Momento di sosta tra una corsa e l'altra 

A Barrafranca (EN) questo particolare rituale, conosciuto come "i cursi di Santruscianniru", si svolge durante i festeggiamenti del 3 maggio che il paese dedica al Santo patrono, Sant’Alessandro. Nella devozione popolare barrese è sant’Alessandro ad assumere il ruolo di protettore dei campi, di quelle messi che forniranno il sostentamento alle famiglie. Difatti durante la processione serale del 3 maggio il simulacro del Patrono, oltre a percorrere la tradizionale "Via dei Santi", è portato in località Sotto Serra e Puntaterra per benedire le campagne sottostanti. Anticamente questi luoghi corrispondevano ai confini del paese; mentre ancora oggi le campagne del Sottoserra sono coltivate a cereali, la località Puntaterra ormai è un agglomerato di case che si estende fino alla discesa Catena. La tradizione è mantenuta così com'è stata tramandata. Appena arrivati sul posto i portatori, correndo, spostano la portantina che trasporta il simulacro del Santo per un breve tratto. Questo avviene per ben tre volte. Ecco fatto: con questi gesti il Santo ha benedetto le campagne, il rituale è compiuto, la continuità del ciclo è mantenuta. In questo modo il fedele continua, con la ciclicità del rito che si ripete ogni anno, a mantenere uno stretto legame con la divinità, rinnovando la sua richiesta d’intervento sul corso della Natura. 

Primo piano del simulacro di Sant'Alessandro 

A livello antropologico, le corse diventato atti straordinari in cui la figura del Santo ha la facoltà di compiere il suo intervento sulla Natura, celebrando così la rinascita della stessa. Il popolo dei fedeli attribuisce a questi gesti un potere magico - religioso: il gesto simbolico di benedire il raccolto diventa "magico" nella misura in cui protegge dalle calamità naturali e "religioso" perché a compierlo, nel suo atto simbolico, è un ente divino. Simbolicamente il ruolo che il Santo assume di protettore dei campi è dato dalla presenza di mazzi di spighe poste nei fercoli. Nel caso specifico di Sant'Alessandro, rappresentato seduto sulla sedia papale, sono la presenza ai lati dello schienale di mazzi di “spighe intrecciate”, posizionali lì a sancire e ricordare il potere catartico di tutto il rituale.

Spighe di grano intrecciate 

Simbolo di abbondanza e prosperità, nella cultura contadina le spighe di grano intrecciate e poi raggruppate a formare un bouquet erano regalate come amuleto portafortuna, per essere appeso nelle abitazioni dei contadini, oppure posto a decoro delle processioni, sui carri trainati da buoi e a imbellire le statue sacre. L’intreccio di spighe di grano è legato i culti della fertilità della terra in onore delle divinità delle messi. Addobbare il fercolo di un Santo con spighe intrecciate è buon augurio per avere dei raccolti abbondanti.

Riprendendo le testimonianze del Pitrè, questi giorni di festa sono caratterizzati, non solo dalla processione del SS. Crocifisso o dei Santi, anche dall’addobbo del simulacro o fercolo con alimenti ed elementi vegetali, tra cui spighe di grano e fave; e ancora da processioni di torce, di cavalcate, di benedizioni dei campi. La festa si svolge nel periodo in cui i campi di grano sono maturi e la necessità di preservarli diventa l’obbietto principale dei contadini. Anche la festa del patrono di Barrafranca entra a diritto in quell'insieme di rituali festivi che testimoniano la permanenza di cerimoniali agrari atti a propiziare e continuare il ciclo della Natura.

FONTI: Giuseppe Pitrè, Spettacoli e feste popolari siciliane, 1881; Ignazio E. Buttitta, I morti e il grano. Tempi del lavoro e ritmi della festa, Maltemi Editore, 2006; Fonti orali. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

 RITA BEVILACQUA