domenica 27 gennaio 2019

Giovani barresi fatti prigionieri e deportati nei campi di prigionia tedeschi

Auschwitz

In occasione del GIORNO DELLA MEMORIA, che ricorre il 27 gennaio, vogliamo ricordare e lasciar memoria di quei barresi che, durante la Seconda Guerra Mondiale, persero la vita in territorio tedesco. Si tratta di militari e civili fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’Armistizio di Cassibili del settembre 1943 e deportati nei campi di concentramento d’oltralpe.
I nomi di questi nostri compaesani si trovano inseriti in un elenco pubblicato sul sito web  "DIMENTICATI DI STATO- I Caduti sepolti nei cimiteri militari italiani in Germania, Austria e Polonia" del veronese Roberto Zamponi. Questi ha compiuto studi approfonditi su tutti gli italiani morti e dispersi nei campi di concentramento nazista. Tutto ciò nasce dalla volontà di far conoscere quale sia stata la sorte di quei italiani, creduti per tutti questi anni dei “dispersi”, ma che in realtà hanno perso la vita per la patria. Zamponi dal 1994 raccoglie i dati di quei militari o civili morti in prigionia o per motivi di guerra, che alla fine del secondo conflitto mondiale furono esumati dai luoghi di prima sepoltura e traslati nei cimiteri militari italiani in Germania, Austria e Polonia dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti in Guerra (Onorcaduti – Ministero della Difesa), ente preposto alla ricerca ed alla sistemazione delle loro Spoglie. 
Cimitero militare italiano d'onore di Amburgo
Dall'Elenco nazionale - comune di nascita stilato dal Zamponi risultano quattro barresi morti in Germania e sepolti nei Cimiteri Militari Italiani d’Onore.
FERRO ALESSANDRO, NATO IL 13 GENNAIO 1923 A BARRAFRANCA (ENNA) - DECEDUTO IL 28 AGOSTO 1944 - SEPOLTO AD AMBURGO (GERMANIA) - CIMITERO MILITARE ITALIANO D'ONORE - POSIZIONE TOMBALE: RIQUADRO 1 - FILA Z - TOMBA 52. FONTI: 1A, 1B
PATERNÒ SALVATORE, NATO IL 12 SETTEMBRE 1917 A BARRAFRANCA (ENNA) - DECEDUTO IL 17 APRILE 1944 - SEPOLTO A BERLINO (GERMANIA) - CIMITERO MILITARE ITALIANO D’ONORE - POSIZIONE TOMBALE: RIQUADRO 3 - FILA 16 - NUMERO 11 - TOMBA 974. FONTI: 1A, 9
PATTI SALVATORE, NATO IL 1° LUGLIO 1922 A BARRAFRANCA (ENNA) - DECEDUTO AD AMBURGO IL 20 MARZO 1945 -SEPOLTO AD AMBURGO (GERMANIA) - CIMITERO MILITARE ITALIANO D'ONORE - POSIZIONE TOMBALE: RIQUADRO 5 - FILA J - TOMBA 18. FONTI: 1A, 1B
SALERNO DOMENICO, NATO IL 30 GENNAIO 1922 A BARRAFRANCA (ENNA) - DECEDUTO IL 20 OTTOBRE 1944 - SEPOLTO A MONACO DI BAVIERA (GERMANIA) - CIMITERO MILITARE ITALIANO D'ONORE - POSIZIONE TOMBALE: RIQUADRO 5 - FILA 13 - TOMBA 50. FONTI: 1A, 1B
Cancello principale del campo di concentramento di Mauthausen
Altri due barresi  morti in Germani furono SALVATORE LUME e SAVERIO CAPUTO
SALVATORE LUME era nato a Barrafranca il 14 luglio 1917. Era un alpino della Brigata Julia, di stanza in Jugoslavia. Nel 1943 era a Firenze per fare visita a dei parenti. Mentre si trovava in un bar, assieme ad altri due barresi, Calogero Paternò e Giovanni Barresi, fu vittima di un rastrellamento da parte di un manipolo di soldati tedeschi. Ma mentre Paternò e Barresi riuscirono a fuggire, Lume fu catturato, fatto salire su un camion assieme ad altri civili e deportato a Bad-Ischl (Mauthausen- Austria), dove morì il 20 maggio 1945. Secondo fonti non ufficiali i rastrellati furono uccisi nei forni crematori.
SAVERIO CAPUTO era nato nel 1907 a Barrafranca (Enna). Durante i rastrellamenti dei tedeschi del 1943 si trovava a Milano per lavoro. Nel corso di una retata, fu arrestato e deceduto di stenti a Mauthausen- Gusen (Austria) il 22 ottobre 1944

Il 27 gennaio GIORNO DELLA MEMORIA è stato istituito dalla Repubblica Italiana con una legge del 20 luglio 2000, e vuole ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. 

Fonte: www.dimenticatidistato.com; Salvatore Licata. Carmelo Orofino, Barrafranca. La Storia, le Tradizioni, la Cultura. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

domenica 20 gennaio 2019

Il culto di san Sebastiano a Barrafranca

Foto d'epoca della Chiesa Madre
Il 20 gennaio la Chiesa festeggia san Sebastiano martire (memoria facoltativa). Sarebbe stato un cavaliere che, avvalendosi dell'amicizia con l'imperatore, avrebbe portato soccorso ai cristiani incarcerati e condotti al supplizio. Lo stesso governatore di Roma, Cromazio, e suo figlio Tiburzio, sarebbero stati convertiti da Sebastiano. Tutto ciò non poteva passare inosservato a corte, tanto che lo stesso Diocleziano lo convocò. Inizialmente si appellò alla vecchia familiarità. Ma niente. Sebastiano continuò nella sua fede. Diocleziano allora passò alle minacce e infine alla condanna. Venne legato al tronco di un albero, in aperta campagna, e saettato da alcuni commilitoni.
Oggi ne parliamo in un contesto di storia di Barrafranca (EN), perché molti indizi ci fanno supporre che in un passato non molto lontano, anche la nostra cittadina era legata al culto .
Dal "Dizionario illustrato dei comuni siciliani" di Francesco Nicotra (1907) e dall'opera "Brevi cenni storici su Barrafranca" del parroco don Luigi Giunta (1928), apprendiamo che la Chiesa Maria SS. della Purificazione, chiesa Madre, fu costruita nell’area della preesistente chiesa di San Sebastiano, già esistente prima del 1622. Inoltre lo storico Giunta aggiunge che, per l’occasione, la chiesa fu demolita. Non della stessa opinione sono il dott. Angelo Ligotti, studioso di storia barrese e il prof. Gaetano Vicari, autore di una "Guida alle principali chiese di Barrafranca".  Entrambi sono convinti che la vecchia chiesa di san Sebastiano il Nuovo non fu demolita, ma incorporata nella nuova chiesa, ampliandone la struttura. Difatti, fino ad una cinquantina di anni fa, sulla parte bassa del campanile, nel lato che guarda a mezzogiorno, si potevano notare dei mattoni smaltati raffiguranti il martirio del Santo. Il Ligotti sostiene che quella fosse la chiesa di san Sebastiano il Nuovo, in quanto fuori la cittadina in località Sottoserra, sorgeva una chiesetta dedicata a san Sebastiano, nominata il Vecchio, antecedente a quella costruita nel centro abitato. E’ citata in un atto notarile del 1644. In un inventario della chiesa Madre del 1910, lo storico Giunta cita una statua di san Sebastiano., non più esistente. Nell'attuale cappella del Sacro Cuore, posta nella parte destra del transetto, si può notare nella parte alta un arco con due frecce, poste dentro a un cartiglio, simboli del martirio di san Sebastiano. Indice questo che in passato doveva essere l'altare di san Sebastiano, trasformato successivamente nell'attuale altere del sacro Cuore. Negli anni ’70 accanto alla cappella del SS. Crocifisso, dove attualmente trova posto una statua in cartapesta dell’Addolorata, vi era posta una statua del Santo.
La ricorda ancora il signor Salvatore Corso, vigile urbano in pensione. Ci racconta che, essendo il Santo protettore dei Vigili Urbani, ogni anno in occasione della festa la stazione locale dei Vigili Urbani organizzava una messa in ricordo del Santo patrono, proprio in chiesa Madre. Ancora adesso il Santo viene festeggiato dal Corpo dei Vigili Urbani con la celebrazioen di una mesa solenne presso la chiesa Madre.
San Sebastiano- tela del barrese Gaetano Vicari
Il frontone della chiesa Madre della Divina Grazia, sotto una nicchia vuota, reca il seguente distico:
VII NERA CAELESTIS
VITAM CV SANGUINERV
DI NUC MEA VEXILLU
DIRA CORONA TENET
ANO DNI III IND. IBBS
Interpretato dal parroco Giunta in:
Vulnera Coelestis vitam cum sanguine fudi
Nunc mea vexillum dira corona tenet
Anno D.ni III Ind. – IBBS (1670)
e tradotto liberamente dal prof. Diego Aleo
Trafitto da frecce versai il mio sangue per Dio
Ora sulla mia terribile corona sventola il vessillo
”.
Il distico parla del martirio di san Sebastiano, ed è probabile che il portale del 1670 sia stato trasportato nella chiesa Grazia da quella dedicata al Santo, durante la costruzione della nuova chiesa Madre. Per ricordare questo portale, nel novembre 2011, il pittore Gaetano Vicari dipinse, olio su tela cm 86x179, la figura di san Sebastiano; tela che si trova attualmente nell’abside della chiesa Grazia di Barrafranca.
Tutte queste notizie ci portano ad un’unica conclusione: che anche a Barrafranca esisteva il culto di san Sebastiano e come tante vicende storiche passate, è andato nel dimenticatoio!
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA


mercoledì 16 gennaio 2019

Perché l’herpes zoster si chiama “FUCU DI SANT'ANTONIO”


Il 17 gennaio la Chiesa festeggia sant'Antonio abate.
Per l’occasione spiegheremo perché a Barrafranca (EN) (e non solo) il popolo chiama l’herpes zoster “FUCU DI SANT'ANTONIO”.  
L’herpes zoster è un’infezione dei nervi che si estende ad alcune zone della pelle provocando un'eruzione dolorosa di vescicole che in seguito formano una crosta, con il dolore che può perdurare per mesi o addirittura per anni, anche dopo la guarigione dell'eruzione cutanea. E’ conosciuto come “fucu di sant’Antoniu”. Il Santo di cui si parla è SANT'ANTONIO ABATE, che si festeggia il 17 GENNAIO. Antonio nacque verso il 250 da una famiglia di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans in Egitto. Morì a 106 anni, il 17 gennaio del 356 (viveva nella Tebaide) e fu seppellito in un luogo segreto. Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo e nello spazio, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia, nell’XI secolo, a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore. In questa chiesa affluivano a venerarne le reliquie folle di malati, soprattutto affetti da ergotismo canceroso, causato dall'avvelenamento di un fungo presente nella segale, usata per fare il pane. Il morbo, oggi scientificamente noto come herpes zoster, era conosciuto sin dall'antichità come “ignissacer” (fuoco sacro) per il bruciore che provocava. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e fu fondata una confraternita di religiosi, l’antico ordine ospedaliero degli Antoniani; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois. Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento. Il loro grasso era usato per curare l’ergotismo, che fu chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò a essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere. Tra le tante pratiche della medicina popolare siciliana, riportiamo quella della città di Gela (simili si facevano anche in altre città siciliane). Alcuni preparavano qualche unguento da spalmare sulle ferite. Farsi il segno della croce e recitare: 
"Sant’Antonuzzu ccu li so vòi
a lavurari ti ni vai da so suruzza
scuntrai so suruzza
che mi porti di mangiari?
Zunza di porci e lardu di maiali
Sant’Antunuzzustu mali mata a luvari."
Dire un Padre nostro, un Gloria, un Ave Maria
In quest’orazione la malattia è intesa come una sorella di Sant’Antonio, "so spruzza", dalla quale lo stesso santo va a lavorare; il cibo che le porta corrisponde agli elementi che formano la “dose” e una volta che la suruzza è appagata, la malattia scompare. La dose si fa nel seguente modo: zunza (strutto) di maiale, lardo di maiale e pomata “Canesten”, da passare tre volte al giorno sulle lesioni fino a guarigione avvenuta.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

venerdì 11 gennaio 2019

11 gennaio 1693- il terremoto della Val di Noto. Anche Barrafranca fu colpita subendo lievi danni

Stampa tedesca dell'epoca che illustra i danni del terremoto in Sicilia nel 1693
L’11 gennaio ricorre l’anniversario del catastrofico terremoto del 1693 che distrusse parte della Sicilia orientale. Le distruzioni più gravi si ebbero nella zona sud-orientale dell'isola in quelle che oggi sono le province di Catania, Siracusa e Ragusa. Furono coinvolte anche aree di grande importanza economica e culturale come Catania, Siracusa, Noto e Caltagirone. Questo evento naturale è  passato alla storia come il terremoto della Val di Noto". Il terremoto colpì in due riprese, in due giorni diversi: venerdì 9 gennaio 1693 intorno alle 4.30. I danni furono gravissimi in centri come Augusta, Avola (l’attuale Avola Vecchia), Noto (l’attuale Noto Antica), Floridia e Melilli, dove crollarono molti edifici. Gravi danni e crolli interessarono anche Catania e Lentini. Erano circa le ore 21,00 di domenica 11 gennaio 1693 quando una seconda scossa di magnitudo 7.4 sconquassa tutta la Sicilia orientale, distruggendo totalmente oltre 45 centri abitati provocando circa 60 mila vittime e dando vita nello Jonio a un devastante maremoto le cui onde arrivarono fin nelle coste della Grecia.
Foto d'epoca chiesa Maria SS della Stella
Anche se marginalmente, Barrafranca (EN) fu colpita da quella terribile scossa sismica. Notizie dell’evento li ritroviamo nel libro dello storico barrese don Luigi Giunta “Brevi cenni storici su Barrafranca” (1928). Lo storico parlando di alcune date importanti per il paese scrive: “1693- scosse terribili di terremoto funestano la Sicilia. Un documento dell’Arch. Parr. ci riferisce che il movimento tellurico abbatté la chiesa di Maria SS. della Stella, che in breve tempo fu riedificata e benedetta nel 1699”. Colpita dal sisma fu Piazza Monastero, l’attuale Piazza Fratelli Messina. Non solo la chiesa Maria SS. della Stella, che allora era anche nominata di S. Alessandro, anche parte della vecchia chiesa Madre (nel 1933 gli ultimi ruderi furono definitivamente distrutti), subì dei danni. Parlando sempre chiesa Maria SS. della Stella, lo storico cita parla documento dell’Arch. Parr. il quale informa che, in quell'occasione, l’immagine di rilievo (o statua?) di Maria SS. della Stella sia stata portata nella vecchia chiesa Madre in attesa che la chiesa fosse ricostruita. Ciò fu possibile grazie alle elemosine dei fedeli a cui si aggiunsero i redditi dei legati che, per ordine dell’Autorità Ecclesiastica, furono devolute alla costruzione della chiesa, completata nel 1699. Non sappiamo se in quell'occasione ci furono morti o feriti. Lo storico Giunta ricorda che, a seguito di ciò, nel 1694 l’allora Vescovo della Diocesi di Catania, mons. Riggio, ordinò che "ogni domenica alle ore 21 si suonino le campane a morto" in ricordo del terremoto.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA