giovedì 30 marzo 2017

I PARTI DI SANTA BRIGIDA- la versione barrese della compianta Giuseppina La Zia


Foto dal Web
Una delle più famose orazioni in dialetto siciliano che si recitavano (qualche anziano ancora li recita) durante la Quaresima (e non solo) è quella conosciuta come I PARTI DI SANTA BRIGIDA, avente per argomento le famose “Rivelazioni Celesti” che Cristo fece a Santa Brigida riguardanti la sua Passione. Santa Brigida di Svezia (Finsta, 3 giugno 1303 – Roma, 23 luglio 1373) da non confondere con Santa Brigida d'Irlanda (che si festeggia il 1 febbraio) è stata una religiosa e mistica svedese, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore; fu proclamata santa da papa Bonifacio IX nel 1391. Il 1 ottobre 1999 è stata dichiarata da Giovanni Paolo II  compatrona d’Europa, insieme a santa Caterina da Siena e santa Teresa Benedetta della Croce.
Questa orazione è recitata non solo in tempo di Quaresima ma tutto l’anno, come protezione alla morte.  L’orazione di santa Brigida, nelle sue versioni cantate e recitate, è una delle più interessanti espressioni religiose tramandate oralmente, basata sul tema contemplativo della Passione di Gesù Cristo, secondo alcuni motivi ricorrenti nella fabulazione drammatica del mito pasquale. Propagatori dell’agiografia e quindi ispiratori delle preghiere popolari furono i cantastorie ambulanti, che, con il loro girovagare, diffondevano le vicende dei Santi, e non solo, tra gli strati più bassi della popolazione, trasmettendo quella cultura che, ai nostri giorni, c’è data dai libri e dalle moderne fonti d’informazione. Per la consuetudine di Brigida col soprannaturale, la pietà popolare pose sotto la sua protezione il momento della morte. Tale canto è stato variamente adattato e contaminato dalle diverse forme di folklore che contraddistinguono la Sicilia. Il suo schema consiste di due parti: la prima è una sommaria esposizione della passione di Cristo, mentre nella seconda s’invoca una buona morte. Secondo la religiosità popolare, chi reciterà quest’orazione per tanti anni, la Santa arriverà in sogno.
Giuseppina La Zia
Trattandosi di orazioni tramandate oralmente, ne esistono diverse varianti. Noi riportiamo quella della signora Giuseppina La Zia di Barrafranca (EN), scomparsa nel 2016 all’età di 94 anni, animata da un grandissimo senso religioso. Conosceva a memoria tante preghiere dilettali, alcune delle quali lei stessa riuscì a trascrivere, nonostante conoscesse solo le basi della scrittura. L’orazione è stata registrata personalmente dall'autrice dell’articolo e trascritta così per come è stata recitata.
§ Brigida Santa inginocchiata stava                                
davanti o Crucifisso chi ciangiva (liggiva)
la passione ci la rivilava
la cruna di li spini ci mintiva,
e ccu na manu la torcia addumava (accantu tiniva),
cu l’altra manu lu libbru liggiva.
Subbitu Gesù Crucifissu a rispunnutu,
prestu ‘cu Santa Brigida a parlatu
ci cunta li flagelli ca patì
la passioni ci la rivilà.
Giuda di Marcu quannu mi ferì
con una Santa mascidda mi pigghià.
Brigida cadì n’terra e stranguscì,
di lacrimi lu pittu si lavà.
Su, alzati Brigida chi t’aiu canusciutu,
Cristu dell’arma tò s’è infiammatu
cu si ni penti di li sò  piccati
Cristu pirdona a te qualunqui offesa.
20 surdati purtavanu a mmia
300 volte cascai ppi la via
e quannu a casa di Anna mi purtarunu
ppi tutta la città mi cunnuciru
e strettu alla colonna mi taccaru
3 ossa dilla spalla mi nisciru
la stessa notte chi mi flagellaru
in piedi nun putia stari
la mattina ebbi a parlari la mia matri divina
appi 320 ributtuna
1666 furinu lu curpi ddi li scurriati
e i suldati ivanu avvicinannu
e unu chi battia cu la catena,
la catena a li cuddu mi ttaccaru,
‘nti Pilatu mi purtaru a trascinuni.
Pilatu era affacciatu a lu barcuni
e con un mantello di scallatu finu,
tannu gli Ebrei cuminciarunu a diri:
Cristo di uomo chiù non può campari,
rispunni unu limpiu e suttili,
a Cristu di nuvo l’ammu fricillari.
Oh Brigida cuminciaruni li martiri,
oh Brigida mi vinniru a ‘ttaccari e duluri smisuratamenti,
povera mammma quantu mi nutrì,
quannu al monte calvariu mi cchianaru,
cascaiu in terra cu tutta la cruci,
la facci e li ginicchia mi straziaiu
quantu fu grande e pesante dda cruci,
una cosa sula mi soddispiacì
chi va cianginnu mia Matruzza duci.
Chi jurnata crudeli fu tannu
lu suli si cuprì di malu signu.
La Matri santa ci dissi a Giuvanni:
-tocca a ma figghiu si è vivo o murtu.
Giuvanni Santu si vota gianginnu
-pazienza madri mia che già finì.
Sta razione cu la voli dire
40 jorna nni devi lintati
di mala morte non si pò murire
e Di ni scanza di pene infernali.
3 giorni prima la comunione,
Santa Brigida ne viene a visitare
e quannu è ura di muriri
Gesù Cristu mi viene accumpagnari.
Questa litania va a cuntu nustru
dici una Avi Maria e un Padre nustru. (Giuseppina La Zia)
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 
RITA BEVILACQUA


giovedì 23 marzo 2017

Marzo 1912- “Catina a viddana” e la sommossa popolare che coinvolse Barrafranca


Barrafranca 1908- via Convento
Vogliamo ricordare la vicenda di "Catina a viddana" e della sommossa da lei capeggiata che si svolse a Barrafranca dal 22 al 24 marzo1912.
La storia di "Catina a viddana" al secolo Maria Catena Balsamo si innesta nella povertà che caratterizzava il paese di Barrafranca nel primo decennio del 1900. Le strade erano fangose, percorse da tanto in tanto da muli, cavalli e qualche carretto. S’incontravano bimbi scalzi, sporchi, e anche animali di ogni genere: galline, oche, maiali, cani. Le case erano piccole, umide, in gran parte senza intonaco, costituite da un solo locale dove i contadini dormivano con gli animali. La povertà era tanta e l'economia si basava sull'agricoltura: la sera si vedevano flotte di muli con sopra i contadini che tornavano dalle campagne dopo una lunga giornata di lavoro.
Ma chi era "Catina a viddana" ?
Maria Catena Balsamo era una fornaio che dai modi e dall'aspetto assomigliava più ad un uomo che ad una donna. Il marito era in carcere e i più anziani raccontano che vivesse con molti uomini. Era sempre pronta a scendere in piazza contro la prepotenza dei signori, impugnando la bandiera che teneva in casa e recandosi al comune per far valere i diritti dei contadini. Proprio per questo comportamento "vivace", non comune ad una donna di quei tempi, veniva emarginata dalle altre donne. La vicenda che vede protagonista Maria Catena Balsamo fu lo scoppio del malcontento contadino dopo l'ennesima tassa che il sindaco di allora, l'avvocato Luigi Bonfirraro, mise a spese dei poveri  già tartassati: la "tassa sul morto". 
Barrafranca Municipio e chiesa di san Francesco, anni '20

Una delibera riguardante i "Regolamenti d’igiene e di polizia mortuaria", approvata dall'amministrazione guidata dal sindaco Luigi Bonfirraro, istituiva il servizio delle carrozze per il trasporto dei morti in cimitero, affidato alla ditta Giuseppe Corso. Entrato in vigore il 18 gennaio 1912, già da subito si rivelò troppo oneroso, in quanto i "becchini" che prelevavano il morto dalle famiglie per portarlo al cimitero, pretendevano il pagamento di una tassa, la "tassa sul morto" appunto. La gente, già esasperata dalla precedente "tassa di famiglia", reagì  e il 22 marzo inizia il lungo braccio di forza tra la popolazione e l’amministrazione comunale I disordini continuarono la mattina  23, capeggiati da "Catina a viddana"  che porta i rivoltosi ad assalire il comune al grido di:
"Pupazzu di canigghia
va leva li carrozzi
e la tassa di famigghia!"
riferito al sindaco Bonfirraro.
Circa tremila persone si diressero verso il municipio per protestare, tanto che la forza pubblica usò tutti i mezzi per indurre i dimostranti a sciogliere pacificamente la manifestazione, ma una parte di essi, capeggiati appunto da "Catina" che, stretta tra le mani la bandiera tricolore e accompagnata alcuni rivoltosi, soprattutto donne, si diressero al Municipio e forzata la porta, irruppero dentro alla rimessa delle carrozze. Rovesciatole in strada, iniziarono a danneggiarle, ma vennero bloccati dalla forza pubblica. I disordini degenerarono tanto che costrinsero l'amministrazione ad asserragliarsi entro le mura comunali. Allontanati dal Municipio, la folla si riunì nella piazza antistante, iniziando a buttare sassi verso le forze dell’ordine.
Arrivarono anche  i carabinieri a cavallo da Caltanissetta che, dopo varie lotte, sedarono la rivolta. Dopo tre giorni di duri scontri, i dimostranti riuscirono a far revocare l’obbligatorietà del trasporto con la carrozza, ma i capi della sedizione vennero tutti denunciati. Molti furono gli arrestati durante e dopo il tumulto. Tra questi anche "Catina a viddana".
Per molto tempo si sentivano ragazzi  cantare:
"Catina a viddana 
purtava a bannera,
a stessa sira
a misiru in galera.
Catina a viddana
purtava a bannera
a minzu i surdati
pariva na dragunera."
Un resoconto dettagliato di quei momenti lo trovate nel: “Giornale di Sicilia” del 26- 27 marzo 1912 e “L’Ora” di Palermo del 23-24 marzo 1912.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

mercoledì 15 marzo 2017

Alcune orazioni dialettali tratte dalla devozione barrese in onore di San Giuseppe

Particolare ligneo del fercolo di san Giuseppe
Il 19 marzo la Chiesa festeggia il patriarca san Giuseppe, patrono degli orfani e delle giovani ragazze, festeggiato poi il 1 maggio come patrono dei falegnami e dei lavoratori in genere. A Barrafranca (EN), come in tanti altri paesi siciliani, la devozione popolare si esprime attraverso  orazioni in dialetto, tramandate oralmente e  recitate non solo il mese di Marzo, mese dedicato al Santo, ma tutto l’anno, quanto si vuole invocarne la protezione. Riportiamo alcune versione della stessa orazione:

Patriarca San Giseppi  i vustri lligriizzi sunu setti,
sta jurnata u 'nna passari chi n’aviti a ccunzulari.
San Giseppi, fustivu patri, fustivu vergini comu la matri:
Maria la rrosa, Giseppi lu gigghiu, 
datini aiutu, rriparu e cunsigghju.
Ppi ssu bamminu ch’aviti 'mbrazza cunciditini la grazia.
Comu spusu di Maria prutiggiti e ssarvati l’arma mia.
Ppi l’amuri di Maria, o caru mio Gesù, 
stabilitimi la fidi e cunvirtiti a ccu 'nci cridi.
Ji spittu la pruvidenza di Gesù, Maria e Giseppi:
San Giseppi 'un ni bbannunati ppi la mia nicissità.
(Giuseppina La Zia)


San Gisippuzzu fustivu patri, fustivu vergini comu la matri:
Marai la rrosa, Giuseppi lu gigghiu,
e ppi l’amuri di Maria
 San Gisippuzzu priati ppi mia.
Scura ‘oi, agghiorna dumani
la pruvvidenza nn’aviti a mannari.
Ave, Pater e Gloria
(Salvatore Ciulla)

Nei primi versi, entrambe le orazioni si riferiscono ai “Sette dolori e allegrezze di San Giuseppe”, la più antica pratica devozionale in onore del santo risale al 1536. Secondo una leggenda, riportata da fra Giovanni da Fano (1469-1539), fu il Santo a promuovere e creare questa pia pratica,  dopo aver  salvato due frati  naufraghi da una tempesta. Fu lo stesso San Giuseppe ad indicare ai frati quali erano stati i suoi dolori, ai quali si legano le gioie, durante la sua vita terrena. Erano stati sette questi momenti che provocarono dolore e contemporaneamente gioia. I versi successivi rimarcano la verginità sia di Maria che del suo sposo Giuseppe e continuano con la classica simbologia che la cultura popolare associa ai due Santi:  la rosa a Maria e il giglio a Giuseppe. L’orazione prosegue con la  richiesta di protezione dell’anima e di aiuto nella vita terrena. Il Santo viene invocato anche in occasione di eventi climatici, ad esempio i temporali, come nella seguente preghiera:

Patriarca San Gisuppi
i vustri biddizzi furuno setti
sta jurnata ‘nna  passari
chi n’aviti a ccunzulari.
Stu santu timpi a ta mannari
dabbanna mari
unna nnu ci bbita ne armali
e mancu cristiani.
(per 10 volte)
(Maria Angela Mosto)
Infine riportiamo l’inizio di una canzoncina:
Ie biddu su mantuzzu
ie ranni quanti u mari
nni ciammu a riparari
ppi l’eternità!
Rit. Evviva Giuseppi dilla pruvvidenza
li grazii dispensa,
miraculi fa!
(Giuseppina La Zia)
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA