martedì 28 maggio 2019

"Fidi ti salva no lignu di varca”: antico proverbio siciliano


Foto dal web
Chi non ha mai sentito pronunciare la frase: "Fidi ti salva  no lignu di varca" (Fede ti salva  non già legno di barca). Da dove deriva questo proverbio? Spulciando tra i testi dello storico e antropologo palermitano Giuseppe Pitrè, leggiamo nel  libro "Medicina popolare siciliana" (1896) che il proverbio, cconsiderato un'affabulazione (invenzione favolosa), è tratto da una leggenda che vede come protagonista un pover uomo malato che non riesce a guarire. Lasciamo la parola al Pitrè:
«C'era una volta un uomo, che da mesi e mesi era ammalato e nessun medico avea mai saputo guarirlo. Un giorno va a trovarlo un suo compare e gli dice: — "Compare mio, ne avete prese tante delle medicine e siete peggio di prima. Volete guarire? Prendete del legno della Santa Croce in decozione, e vedrete che miracolo!" L'ammalato gradì il consiglio, ma sentendo che quel legno lo potea trovar solamente nei Luoghi Santi rimase confuso. Finalmente, volgendosi al compare, lo pregò che volesse fargli la carità di andar lui nei Luoghi Santi, a procurargli il legno miracoloso. E poiché il compare promise di farlo, l'ammalato gli diede una manata di piastre per le spese di viaggio. Appena il compare si trovò fuori di casa, pensò tra sé: "Andare io ai Luoghi Santi... sarebbe una pazzia!" E che fa? Va a tagliare una scheggia di barca e quando gli parve tempo si presentò all'ammalato, e raccontando i disagi del lungo viaggio, gli mise in mano la santa scheggia. L'ammalato fu per venir meno dalla gioia, e baciata e ribaciata furiosamente la sacra reliquia, la porse alla moglie, perché gliene facesse una decozione. Beverla e risanare fu tutt'uno. Non passò molto che guarì però che il compare gli rivelò tutto l'affare ridendo della credulità dell’amico; ma questi, senza scomporsi niente, gli rispose: "Fidi ti salva no lignu di varca"(Fede ti salva no legno di barca).»
Il proverbio vuole sentenziare che a salvarci, anche nel caso di malattie, non sono i medicamenti o i beni materiali, ma la fede in Dio. Nei tempi passati la medicina popolare praticata in Sicilia curava le malattie con le parole, le erbe, le pietre e gli animali. Le parole ebbero un’importanza e un’efficacia speciale, basti ricordare il gran numero di "guaritori di campagna" che curavano i malati con tutta una seri di riti, come la "segnatura", che utilizzava formule deprecatorie in cui si invocavano Cristo, la Madonna e i Santi. Oli, unguenti e piante officinali avevano un loro peso nei  riti di "medicina popolare". Forse non tutti quelli che li usano credono  che questi rimedi fossero efficaci; ma v'era la fede e basta. Questa leggenda, difatti, vuole richiamare la forza della fede nell’atto del guarire! 
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

mercoledì 22 maggio 2019

Santa Rita da Cascia-la Santa dei casi impossibili

Altare di Santa Rita, chiesa Madre

Il 22 maggio la Chiesa festeggia Rita da Cascia (Roccaporena 1381-Cascia 22 maggio 1447/1457), la Santa agostiniana “dei casi impossibili”, cioè di quei casi clinici o di vita, per cui non ci sono più speranze e che con la sua intercessione, tante volte miracolosamente si sono risolti. Sposata e madre di due gemelli, sopportò con pazienza le faide tra i clan, finché riuscì a convincere il marito a tirarsene fuori e a riconciliarsi con Dio. Dopo la morte del marito e dei figli, entrò nel monastero dell’Ordine di sant’Agostino a Cascia, in Umbria, offrendo un sublime esempio di pazienza e devozione. Fu Beatificata da Urbano VIII nel 1627, venne canonizzata il 24 maggio 1900 da Leone XIII.
Statua lignea di Santa Rita
A Barrafranca (EN) nella chiesa Maria SS. della Purificazione, chiesa Madre, è presente un altare dedicato alla Santa, in cui è esposta la statua lignea risalente al 1940, come attesta la lapide posta a sinistra dell’altare. La Santa è rappresenta in abito agostiniano, con coroncina appesa al fianco sinistro, in atteggiamento riflessivo mentre contempla la croce che tiene in mano, e una spina le trafigge la fronte (in ricordo alla spina che ricevette da Cristo). Il volto è sereno, di chi accoglie con amore le prove che Dio le ha riservato.
Il giorno della festa, molti devoti si recano a renderle omaggio, portando rose rosse e lumini. Proprio le rose sono molto care alla Santa, in riferimento ad uno degli ultimi episodi della sua vita. Un giorno, essendo immobile a letto, una parente andò a trovarla. Prima di congedarsi, le chiese se desiderasse qualcosa da Roccaporena. Rita rispose che le sarebbe piaciuto avere una rosa del suo orto. La parente le fece notare che era inverno, ma Rita insistette. Tornata a casa, questa si recò nell’orticello e vide una bella rosa fiorita. Stupita, la colse e la portò a Cascia da Rita. Oltre a questa tradizione, che è presente in tutta l’Italia, a Barrafranca vi è anche quella, quasi del tutto scomparsa, “dell’abito di santa Rita“, ossia di indossare, come ex voto, l’abito agostiniano e partecipare alle funzioni liturgiche.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA



martedì 21 maggio 2019

Orazione in siciliano a Santa Rita da Cascia per avere una risposta in sogno

Il popolo siciliano è stato sempre credete e superstizioso. Spesso si invocavano i Santi per risolvere controversie,  problemi d’amore o per conoscere la verità su un fatto, o avere chiarezza prima di prendere una decisione importante. Spesso le donne siciliane ricorrevano ai Santi che, tramite speciali formule che bisognava recitare la sera prima di andare a letto, fornivano in sogno le risposte alle domande formulate nelle orazioni. Una sorta di Oniromanzia (l'arte divinatoria basata sull'interpretazione dei sogni) che chiamava in gioco la religione. E’ il Santo che viene in soccorso e tramite il sogno fornisce elementi che vanno interpretati. Oggi vogliamo pubblicare una tra le tante Orazione a Santa Rita da Cascia per avere una risposta in sogno:

“Santa Rita,
Santa ca di monica fustuvu zita,
per la vostra santità,
ditemi la verità.
se è sì:
tavula cunzata,
vigna carricata
se è no:
acqua currenti
e focu ardenti.”
(Santa Rita,
Santa che siete stata monaca e fidanzata,
per il fatto di essere Santa,
ditemi la verità.
Se è si:
tavola imbandita,
vigna carica d'uva,
se è di no:
acqua corrente,
e fuoco ardente.)
Seguiva un Pater, un’Ave e un Gloria.
Così la mattina seguente il sogno viene "smurfiatu" dalle donne esperte che ne sapevano trarre risposte per gli avvenimenti che verranno. Nella stessa Orazione sono citati alcuni segni premonitori. Secondo una sorta di “Smorfia siciliana” sognare “tavola imbandita” significava abbondanza, come anche una vigna piena d’uva, mentre acqua corrente o limpida, significano lacrime e fuoco ardente significa disgrazia!
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA

sabato 4 maggio 2019

“U sciuri di Maju” nelle tradizioni popolari siciliane


U sciuri di Maju
Nelle tradizioni popolari siciliane che si svolgono nel mese di maggio un ruolo importante svolge una piante erbacea spontanea, che fiorisce a ridosso di questo mese e che produce fiori bellissimi:  il "Chrysantemum coronarium L", il Crisantemo giallo, conosciuto anche come "fior d’oro". In Sicilia tale fiore è chiamato "sciuri di Maju". Secondo la tradizione siciliana, questo fiore annunzia la primavera. Un’ampia descrizione la troviamo nelle opere dell’antropologo Giuseppe Pitrè. Il 1º di Maggio per alcuni,  giorno 3 per altri, è la festa dei fiori, du "sciuri di Maju". Tanti i paesi che utilizzano questo fiore nelle loro tradizioni. A Barrafranca (EN) e in altri paesi, u maju viene utilizzato in alcuni giochi. Ad esempio si prende in fiore e tirando uno alla volta i petali, si ripete "M’ama nun m’ama" fino all'esaurimento dei suddetti petali. In questo modo il fiore assume il ruolo di veggente, nell'indovinare se la persona interessata ti amo o no. Alcuni utilizzano questo fiore per addobbi floreali o per abbellire le case, assieme alle rose, altro fiore tipico del mese di maggio.
"M’ama nun m’ama"
Riportiamo alcune usanze.
I ragazzi e le ragazze il 1° del mese vanno a coglierne grandissima quantità e se ne adornano il capo, il seno e, a piene mani, recano ed offrono altrui (Noto-SR). Altri ne fanno mazzolini e ne intrecciano ghirlande. I carrettieri notigiani ne parano cavalli, asini e muli. In Palazzo Adriano (Palermo) gli sposi novelli attaccano al balcone una corona di questi fiori legandovi un bel nastro di seta a colore. Altrove, come in Salaparuta (TR), i fanciulli e le fanciulle se ne fanno collane, cinture, braccialetti; e siccome lo festeggiano il giorno 3, ricorrenza della “Invenzione della Santa Croce”, essi intessano certi luoghi fili di questi fiori, ne formano certe "giurlanni ‘ncruciati" (ghirlande incrociate), che essi portano nel Comune gettando fiori e cantando:
"Cui voli fari festa nobili e filici,
Viva li tri Maju e la santa Cruci!"
Il Signore dell'Olmo- Mazzarino
Le Croci in questo giorno sono ornate di corone e "giurlanni" (ghirlande); e la sera vi si fa il viaggio da’ devoti cantando dinnanzi a qualche Croce circondata di lumi le litanie. (Giuseppe Pitrè). I fanciulli saltano e gridano pel giubilo da mattina a sera.  Dopo la sospensione che il Concilio Vaticano II fece della festa della "Invenzione della Santa Croce", queste tradizioni si sono mantenute sia nelle feste di Santi patroni, sia nelle processioni di statue di Crocifissi che si svolgono in tanti comuni siciliani. Ne è da esempio il comune di Mazzarino (CL) che, la seconda domenica di maggio, festeggia il Signore dell’Olmo, conosciuto come "U signuri di Maju". Difatti il fercolo che trasporta il SS. Crocifisso, è adornato di tantissime ghirlande di "sciuri di Maju". Durante il passaggio della processione per le vie cittadini, i devoti lanciano dai balconi ghirlande realizzate con questi fiori. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA


giovedì 2 maggio 2019

Lettera di accompagnamento al video “U TRUNU” realizzato dall'Università di Torino nel 1993


I riti che si svolgono a Barrafranca (EN) il Venerdì Santo, soprattutto la processione “U TRUNU”, sono stati oggetto di studio di Università importanti. Per questo vogliamo pubblicare la lettera di accompagnamento al video “U TRUNU” realizzato dall'Università di Torino che riprende tutta la giornata del Venerdì Santo a Barrafranca (EN) nell’anno 1993 e girato dal Centro Linguistico e Audiovisivi Universitario (C.L.A.U.) dall'Università degli Studi di Torino.
«Alcuni giorni prima della Settimana Santa del 1993- ci spiega il prof. Gaetano Vicari- sono contattato dall'avvocato Luigi Barbaro, il quale mi comunica che sarebbero venuti dei professori di Torino per vedere e studiare il Venerdì Santo a Barrafranca. Il film è presentato a Barrafranca durante la Settimana Santa 1994 e precisamente i giorni Martedì 29 Marzo, Sabato 2 Aprile e Martedì 5 Aprile, presso il salone del Centro Incontro Anziani della Parrocchia Maria SS. Della Stella a cura del Centro di Cultura Giovanile e dal sottoscritto. Per l’occasione i Professori di Torino inviano un fax di presentazione al loro lavoro.»
Vennero dal C.L.A.U. Centro Linguistico e Audiovisivi Universitario di TORINO: PIERCARLO GRIMALDI) (Professore di Storia delle Tradizioni Popolari), AMBROGIO ARTONI (Professore di Semiologia dello Spettacolo e DIRETTORE del Centro Linguistico e Audiovisivi Universitario di Torino), MARIA ROSARIA LA TORRE (Assistente Tecnico), ANNA MARIA ANCONA (Assistente Tecnico), MARIO VERA (Collaboratore Tecnico). La cassetta con la registrazione fu inviata a Vicari in anteprima nel gennaio 1994. Il film fu presentato a Barrafranca durante la Settimana Santa 1994 e precisamente i giorni Martedì 29 Marzo, Sabato 2 Aprile e Martedì 5 Aprile, presso il salone del Centro Incontro Anziani della Parrocchia Maria SS. Della Stella a cura del Centro di Cultura Giovanile e dal prof. Vicari. Non potendo esser presenti alla presentazione del film, i professori di Torino inviarono il seguente fax:
«CENTRO LINGUISTICO E AUDIOVISIVI UNIVERSITARIO (C.L.A.U.) UNIVERSITÀ’ DEGLI STUDI DI TORINO
Torino, lì 29/03/94
Chiar.mo Professore, come da intese intercorse, le trasmettiamo una breve relazione inerente al Venerdì Santo a Barrafranca. Un augurio di buon lavoro e soprattutto di buone Feste a tutti (ANNA MARIA ANCONA). Caro prof. Vicari, con i nostri migliori auguri per la prossima Pasqua, Le inviamo i sensi della nostra soddisfazione per l’iniziativa di proiettare pubblicamente il nostro documentario sulla festa del Venerdì Santo a Barrafranca.
Si tratta di una festa senza eguali, frutto non tanto di una tradizione riproposta come spettacolo folcloristico, ma di una vera passione collettiva che sa riunire la vostra comunità nell’azione partecipante di tutti i suoi membri. Festa della virilità, rito di passaggio, inno alla fertilità e alla rigenerazione della natura: i significati sono evidenti, ma la loro stessa forza ci sembra essere ecceduta e superata dal vero e proprio miracolo – nella società complessa – di vedere realizzare intorno alla processione del Venerdì Santo la compiuta identità di un’intera comunità, arricchita nell'occasione dalla partecipazione di molti suoi membri che durante l’anno vivono e lavorano altrove, in Italia e all'Estero. Quello che colpisce, soprattutto, è l’entusiasmo dei giovani, che nella festa non vedono l’improbabile rappresentazione di un tempo ormai lontano, ma una risorsa per l’oggi, la risposta collettiva a una condizione sempre più connessa all’individualità dell’uomo gettato nel mondo senza patrie e utopie. Realizzando nell’azione rituale, nella sua spontaneità e violenza, il mito delle origini, i giovani di Barrafranca mostrano di saper ritrovare la forza della tradizione come porta spalancata verso un possibile domani, solidale e produttore di nuova cultura. Il dio solare, il Cristo illuminato e coperto di ori, così diverso da quello della tradizione canonica, ne è la metafora e la rinnovata rappresentazione. Non so come giudicherete il nostro film, che è il risultato parziale del nostro incontro con la vostra comunità e con la cultura che esprime. Un incontro che ci ha arricchiti e che come in poche altre occasioni ci ha mostrato il significato del nostro lavoro, che è quello di dar voce e di far conoscere quanta ricchezza umana e culturale sappiano ancora esprimere le tradizioni orali. La nostra lettura è perciò stata partecipante, non ci siamo limitati a guardare ma, come sanno coloro che ci hanno aiutato nel lavoro di documentazione, abbiamo voluto immergerci nella vostra realtà culturale per conoscerla quanto più dall'interno, per condividerla, vogliamo dire. A Barrafranca abbiamo lasciato tanti amici, ma anche un pezzetto di noi. Se questa sera non possiamo esserci, è per impegni di lavoro che non ce lo consentono: ma ormai un certo contagio si è prodotto, e la sera del Venerdì Santo idealmente saremo lì, per le vie di Barrafranca, ad applaudire “U Trunu” e a unirci al grido dei vostri giovani: “Misericordia”. A Lei, professor Vicari, la nostra riconoscenza con la preghiera di esternarla a tutti coloro che ci hanno concesso di realizzare questo film, i cui nomi sono troppi per essere qui ricordati uno per uno. Ancora grazie, e a presto. AMBROGIO ARTONI (Professore di Semiologia dello Spettacolo e DIRETTORE del Centro Linguistico e Audiovisivi Universitario di Torino). PIERCARLO GRIMALDI (Professore di Storia delle Tradizioni Popolari)».
Il video “U Trunu”,  oltre all’utilizzo in sede didattica e scientifica universitaria, è stato presentato: – al Convegno Internazionale “Antropologia Visiva e Culturale della Rappresentazione, Il tempo delle feste in Europa”, organizzato dal Consiglio d’Europa in collaborazione con l’Università di Torino e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Torino, ottobre 1993); – al Convegno del C.N.R. “Sei anni di attività del Comitato Nazionale per la Scienza e la Tecnologia dei Beni Culturali” (Roma, marzo 1994). Era prevista inoltre la presentazione nella rassegna europea di programmi audiovisivi organizzata ad Atene per l’aprile 1994 dalla C.E.E. – Euroregio e a Budapest, nel mese di novembre 1994 in occasione di un Convegno Internazionale di Etnologia. (Fonte: Gaetano Vicari) (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA