giovedì 21 dicembre 2017

A BEDDA MATRI IN CAMERA CUSIVA- antico canto natalizio siciliano

Per il popolo siciliano, il Natale è stato da sempre fonte d’ispirazione tanto da comporre canti, nenie e preghiere che esprimessero una religiosità fatta di gesti e parole semplici, di chi vive la fede in modo semplice e naturale. Il popolo, da subito, ha recepito la religione ufficiale facendola sua, calandola nella propria cultura e usandola in modo a lui più congeniale, ossia adattando  i canoni della fede cristiana alle proprie consuetudini. Ci troviamo di fronte ad una religiosità semplice, spontanea, fatta di rituali quasi “magici”, unici, che rispecchiano il vivere comune. Ne è da esempio un antico canto popolare dal titolo A BEDDA MATRI IN CAMERA CUSIVA. Si tratta di un canto antico, il cui testo è in dialetto siciliano ed è conosciuto in molte parti dell’isola, con  varianti diverse. Questo, come molta della produzione poetica siciliana, fa parte di quelle tradizioni tramandate oralmente,che risentono delle diverse varianti della lingua parlata, tipica di ogni paese siciliano. L’argomento tratta di uno spaccato di vita della Santa Famiglia, descrivendone i gesti nella quotidianità di tutti i giorni. Maria che rattoppa (ripizza) i pantaloni (cauzi) di Giuseppe, mentre il figlio (Tridduzzu), adagiato nella culla (naca) piange. A consolarlo interviene l’arcangelo che, in alcune versione, è Gabriele, in altre Raffaele.
Si tratta di una famiglia semplice, umile (i cazi a San Giuseppi ripizzava),  che vive con gioia e dignità la propria condizione (ccu tantu amuri ci li accomodava) di povertà (Pizzuddi novi e vicchi ci mintiva). I personaggi non hanno i connotati di santità tipici della Santa Famiglia, ma sono visti nella loro “umanità”,  nel loro essere famiglia “comune”, in cui tutte le famiglie di allora possano riconoscersi. Riportiamo due delle tante versioni che si cantano in Sicilia.
A BEDDA MATRI IN CAMERA CUSIVA

A bedda Matri in camera cusiva
i cazi a San Giseppi ripizzava.
Pizzuddi nuvi e vicchji ci mintiva
ccu tantu amuri ci li accomodava.
Tridduzzu ‘ndi la naca chi cianciva
l’angilu Gabrieli lu nacava.
Du paruleddi santi ci diciva:
“Durmi Tridduzzu, figghiu di Maria! (Barrafranca-EN)


La beddra Matri ‘ncammara siria
Li robbi a san Giuseppi arripizzava
Pizzuddri novi e vecchi ci mittia
E pi l’amuri so l’accummirava
Lu Bammineddru nna la naca chiancia
L’ancilu Raffaeli l’annacava
Fa la vò e fa la ninna ci ricia
Tu si lu veru figghiu di Maria! (Castellammare Golfo- TR)
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA