lunedì 24 dicembre 2018

Ccu stu friddu e sta jlata… bellissimo canto natalizio suonato durante le novene.

Per tradizione, Natale è sinonimo di NOVENA, non solo come pratica liturgica che si svolge nelle chiese, anche come tradizione di allestire degli altarini,“i nuveri”, anticamente nelle case private e in seguito attorno alle “figuredde ” (edicolette votive) delle strade dei paesi. Si attende la nascita di Gesù Bambino recitando rosari, preghiere e intonando canzoni, rigorosamente in dialetto siciliano, tutti aventi come argomento le vicende di Maria e Giuseppe, il loro peregrinare alla ricerca di una capanna e la nascita di Gesù Bambino. Le novene “casalinghe” erano cantate da gruppi di comari che la sera si riunivano per intonare lunghe filastrocche, qualche volta associate al suono della “ceramella” (piffero). Poi s’iniziò ad abbellire, con alloro e arance, le “edicolette votive” poste sui muri esterni delle case, per poi arrivare alle moderne novene, realizzate con veri e propri altarini, più o meno elaborati. Oggi come allora, si continuano a cantare le vecchie nenie di una volta, accompagnati da gruppi di suonatori, zampognari o appartenenti a qualche banda musicale, che rendono più emozionante l’ascolto delle melodie natalizie.
Tra i testi dialettali suonati e cantati per durante questo periodo, vi proponiamo il testo della canzone conosciuta come “Ccu stu friddu e sta jlata…“. Formato da quattro strofe intercalate da due diversi tipi di ritornelli, il testo narra il pellegrinare di Maria e Giuseppe alla ricerca di un alloggio, per ripararsi dal freddo e poter riposare. E proprio in quell’umile alloggio trovato che si compie il miracolo della nascita del Salvatore: “Ni na povira mangiatura parturiu a gran Signura menzu u voi e u sciccariddu nasci poviru u Bamminiddu!”
Ne riportiamo il testo completo:

Ccu stu friddu e sta jlata…

Rit. Ccu stu friddu e sta jlata
cu ti ci porta menzu  a strata.
-E Maria cu San Giuseppi
e lu nostru redenturi
caminaru jornu e notti
ccu lu lu friddu di la stagiuni.
Rit. Ccu stu friddu e sta jlata
cu ti ci porta menzu a strata.
-Ni na povira mangiatura
parturiu a gran Signura
menzu u voi e u sciccariddu
nasci poviru u Bamminiddu.
Rit. Ccu stu friddu e sta jlata
cu ti ci porta mensu a strata.
-Quannu ddà furu  arrivati
Maria stanca si ripusà
idda vitti ccu grandi amuri
ava nasciutu  u Redenturi.
…Gloria, gloria in ecelsiu Deo
Paci in terra a nui ci dà…
…Gloria, gloria in eccelsiu Deo
Paci in terra a nui ci dà
-E ccugiubilu e alligria
cantammu tutti in armunia
ccu Giuseppi in cumpagnia
viva Gesù cu Maria.
…Gloria, gloria in ecelsiu Deo
Paci in terra a nui ci dà… (2 volte)
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

mercoledì 12 dicembre 2018

Il culto di santa Lucia a Barrafranca

Statua lignea di Santa Lucia
Molto sentito in Sicilia e non solo è il culto della vergine e martire Lucia (283.-304). Come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano e il suo culto è già testimoniato dal V sec. d. C. Il martirio avvenne il 13 dicembre 304, sotto il dominio di Diocleziano. Antecedente all'introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio invernale (da cui il detto “santa Lucia il giorno più corto che ci sia), ma non coincise più con l’adozione del nuovo calendario.
La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d'inverno, è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebravano la luce e si festeggiano nello stesso. Basti pensare ai falò che si preparano la vigilia della festa.
Anche a Barrafranca si festeggia santa Lucia.
Come tutte le nostre feste è difficile datarne l’origine.
Fino agli anni ’60 la vigilia della festa cioè il 12 sera, dopo la messa vespertina, usciva in processione dalla chiesa Maria SS. della Stella un quadro raffigurante santa Lucia assieme alla reliquia “du capiddu”. Mentre la processione è scomparsa, il quadro è ancora presente nella suddetta chiesa e dalla guida del Vicari si apprende che fu realizzato da Emanuele Catanese, un pittore che operava in Sicilia attorno alla metà dell’800, soprattutto a San Cataldo; mentre lo storico Giunta lo fa risalire al Vaccaro.
Burgio
Sempre giorno 12 sera venivano e vengono bruciati i “burgia”, ossia i falò. "Burgio" deriva dal termine dialettale 'mburgiare ossia l'atto che, una volta,  facevano i contadini di ammassare la paglia, da conservare per l'inverno. Secondo gli anziani il burgiu rappresenta la Santa che bruciò tra le fiamme. Infatti un'antica tradizione vuole che Lucia si trovasse tra le fiamme ardenti e poi, per miracolo, sia rimasta illesa.
Simboli di purificazione, i falò hanno assunto un ruolo preminente nelle feste religiose, retaggio di un antico pensiero pagano che vedevano nella loro luce e nel loro calore, il mezzo per schiacciare i demoni, infestanti la realtà umana.
Torniamo a Barrafranca. Prima dell’arrivo del metano, i falò si preparavano dentro il paese. A prepararli erano i bimbi  e i giovani dei vari quartieri che andavano a raccogliere, alcuni giorni prima, rami, stoppie che serviva per la copertura di una base fatta di canne legate in cima e disposte a forma di cono.
Anticamente i "burgia" venivano costruiti coprendo con un manto di paglia una struttura di canne legate in cima e disposte a forma di cono. Al suo interno venivano posti dei cespugli di asparago (sparacogni) che bruciavano, scoppiettando.
Attualmente la catasta di legna, a forma conica, viene realizzata ammassando legname, prevalentemente d'ulivo, attorno ad una trave, sulla cui cima veniva posizionato un pupazzo, a simboleggiare la Santa. Sono ormai pochi i falò rimasti, realizzati fuori il perimetro urbano.
Scodella di cuccìa 
Altra tradizione, non solo barrese ma di tutta la Sicilia, è il consumo della "cuccìa", termine che, secondo alcuni, deriva da "cuccìu di granu".
Secondo la tradizione l'anno 1646 fu particolarmente calamitoso per la Sicilia a causa di una grave carestia, aggravatasi per la minore disponibilità di carne in seguito ad una moria che distrusse quasi tutti gli allevamenti bovini. Siracusa era allo stremo. Allora il vescovo monsignor Francesco Elia de' Rossi chiamò il popolo alla preghiera, facendo esporre, sull'altare maggiore della cattedrale, l'argenteo simulacro di santa Lucia e indusse 8 giorni di suppliche. La mattina del 13 maggio 1646, mentre la cattedrale era gremita per la messa solenne, fu vista aleggiare una colomba tre o quattro volte finché si posò sul capo del vescovo. Quasi all'istante si sparse la voce che una nave carica di grano e legumi era approdata nel porto di Siracusa. La folla si commosse, gridò al miracolo e ringraziò santa Lucia. Per poterlo consumare immediatamente, il grano non fu macinato ma bollito e mangiato. Da allora si associa il consumo del grano bollito ala festa di santa Lucia. Si tratta di un piatto povero realizzato con del grano bollito. Un giorno prima si mette a mollo il grano, per farlo ammorbidire. 
Il pomeriggio del 12 si pulisce, anzi si "scanala", in quanto il grano rigonfio di acqua viene sfregato "nu canali" (antica tegola di terracotta girata dalla parte più ruvida), per eliminare le spoglie, ossia "la pula" e lasciare così solo il cuore del chicco di grano. Poi in grandi "cadaruni" (grosse pendole) veniva bollito a lungo e consumato solo con un filo di olio. C'è chi usa condirlo con legumi.
Per mantenere viva questa tradizione, nel 2002 l’AVIS sezione di Barrafranca ha pensato di organizzare, per la serata del 12, la preparazione della "Cuccìa in piazza". Agli inizi lo stand veniva montato in Piazza Regina Margherita, dal 2011 viene montato in Piazza Fratelli Messina, proprio vicino alla chiesa Maria SS. della Stella, dove si festeggia la Santa. I volontari AVIS preparano la cuccìa direttamente in piazza, in grandi "cadaruna", mentre un enorme stand, allestito con tavoli e panche, accoglie al caldo le persone che voglio degustarla. Inoltre vengono preparati legumi cotti per chi volesse accompagnare la cuccìa. Il tutto viene realizzato a spese dell’AVIS. 
Accanto alle antiche tradizioni, se ne innestano delle nuove. Dal 2010 la sera del 12 dicembre il gruppo parrocchiale della chiesa Maria SS. della Stella allestisce, davanti al sagrato della chiesa o in Piazza Fratelli Messina, una sacra rappresentazione della vita di santa Lucia. Lo scopo è quello di far conoscere la vita della Santa siciliana, mettendo in scena un recital i cui protagonisti sono donne e uomini comuni, legati dal senso cristiano della fratellanza. I testi sono tratti dall'agiografica della Santa, le scenografie, gli abiti e tutta l’organizzazione è curata dal gruppo famiglie della parrocchia che, con amore, prestano gratuitamente la loro opera.

Candele devozionali

Il 13 dicembre, giorno in cui si festeggia la Vergine Lucia, i fedeli si recano nella chiesa Maria SS della Stella, dove è esposto il Simulacro ligneo della Santa,  per seguire le funzioni religiose, per pregare e per accendere un cero, come ex-voto per grazia ricevuta. Si invoca la Santa per problemi di vista: difatti nel cero viene legato un'immagine degli occhi, proprio per ricordare il potere taumaturgico di guarire i problemi della vista. Non ha caso il nome LUCIA deriva dal latino "lux-lucis", che significa luce, splendore. C'è chi, per grazia ricevuta, non si limita all'accensione della cero devozionale, ma realizza il "vestito di Santa Lucia" da far indossare alla persona che ha ricevuto la grazia. 
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

venerdì 7 dicembre 2018

L’antico culto barrese all’ Immacolata Concezione

Chiesa S, Francesco- Simulacro Immacolata già restaurato
 L’ 8 dicembre di ogni anno la Chiesa festeggia l’Immacolata Concezione, il cui dogma fu proclamato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con la bolla “Ineffabilis Deus”, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.
A Barrafranca (EN) il culto dell’Immacolata Concezione è molto antico, basti ricordare che l’ex chiesa del Purgatorio, demolita nel 1957, prima di essere dedicate alle “anime del Purgatorio” era appellata della Concezione, proprio perché era presente una statua dell’Immacolata.  Lo storico barrese don Luigi  Giunta nel suo “Brevi cenni storici su Barrafranca” riporta una disputa che ci aiuta a chiarirne il culto. Nel capitolo riguardante la chiesa del Purgatorio si legge: “Tra questa chiesa (allora officiata dai Conventuali di san Francesco) e quella dei Minori Riformati sorse questione su quale delle due dovesse celebrare la festa dell’Immacolata nel giorno 8 dicembre. La questione portata al Governo fu decisa in favore della chiesa del Purgatorio con ministeriale dell’11 aprile 1836”.  In un capitolo più avanti, lo storico riporta la ministeriale in questione, dove si legge che la chiesa del Purgatorio poteva festeggiare e processionare il giorno stesso della festa della Concezione, mentre i PP. Riformati facessero lo stesso all’ottava della festa della Concezione. Questo ci fa dedurre che già agli inizi dell’800 il culto era presente a Barrafranca, grazie ai frati Conventuali che officiavano nella chiesa del Purgatorio. Era presente anche una Confraternita che si sciolse, come tante altre, dopo la scomunica di Papa Pio XII ai comunisti nel 1949 e le relative modifiche al Canone del Concilio Vaticano II.  Nell’ex chiesa del Purgatorio era presente un antico simulacro ligneo dell’Immacolata Concezione, di mirabile fattura, che dopo la demolizione della suddetta chiesa, passo nella chiesa Maria SS. della Stella. Anni dopo l’antico Simulacro fu portato da don Pino Giuliana a Riesi (CL) nella chiesa di S. Salvatore.
Chiesa di S. Francesco- altare dell'Immacolata Concezione

Nella chiesa di san Francesco, è presente un Simulacro ligneo della Vergine dei primi dell’ottocento. Nella prima stesura della “Guida alle principali chiese di Barrafranca…” di Gaetano Vicari, la statua su indicazione di fra Palermo, ultimo frate francescano della chiesa san Francesco, viene attribuita a Giuseppe Bagnasco, un artista di Palermo che visse nella prima metà dell’800 (anche se non ci sono elementi per attribuirne la veridicità). Nelle successive revisioni della suddetta Guida, il Vicari ha ipotizzato che la statua possa essere dei fratelli Vaccaro di Caltagirone. L’ipotesi trae origine dal libro del citato storico Giunta e precisamente al Capitolo XXIII ARTE E ARTISTI alla voce “Del Vaccaro”, lo storico scrive «…3. L’Immacolata (statua e pittura) presso i Frati M.M. di S. Francesco».  Difatti, paragonando l’iconografia dell’Immacolata presente nel quadro con i tratti della Statua, il Vicari riscontra molte analogie. Chissà se non sia questa la statua di cui parla lo storico Giunta. Dobbiamo ricordare che le nicchie contenenti le statue erano chiuse con delle tele raffiguranti l’immagine della statua che ricoprivano. La nicchia negli anni trenta conteneva la statua lignea della Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, la cui festa, come ci riferisce il Nicotra, si celebrava in questa chiesa ogni prima domenica di Agosto. Non abbiamo notizia quando la statua della Nostra Signora sia stata sostituita con quella attuale dell’Immacolata.
La stessa ipotesi, che anni addietro è stata avanzata dal Vicari, è ripresa e riproposta dal prof. Paolo Russo della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Enna, durante il Convegno di presentazione del restauro della suddetta statua per opera del restauratore barrese Valentino Faraci, svoltosi il 25 novembre 2017.  Di questi festeggiamenti ufficiali, con relativa processione, se ne persero le tracce. 
Confraternita dell'Immacolata Concezione
Nel 2017 incentivati dalla riapertura al culto della chiesa di san Francesco, alcuni fedeli hanno chiesto e ottenuto dal vescovo, mons. Rosario Gisana, il permesso di ripristinare i vecchi festeggiamenti, portando in processione, la sera dell’8 dicembre, l’antico Simulacro dell’Immacolata. Inoltre è stata costituita una nuova Confraternita, votata proprio all’Immacolata Concezione.
Nel mondo contadino, la festa dell’Immacolata è considerata la prima festa dopo la fine della semina che, anticamente, si svolgeva a novembre, di ringraziamento e di buon auspicio per il nuovo anno agricolo. Non c’era contadino che la mattina dell’8 dicembre, prima di andare in campagna, non si recasse in chiesa ad assistere alla messa in onore dell’Immacolata.
Mufulette (foto web)
Non ha caso in questo giorno si consuma la “muffuletta”, una pagnotta morbida impastata con cumino, pepe e semi di finocchietto (alcuni usano semi di anice). E’un classico pane delle feste invernali, poiché le sue caratteristiche strutturali consentono, in particolare quando è calda e appena sfornata, di essere imbottita facilmente con ricotta, caciocavallo e sugna (strutto), oppure con olio, pepe, acciughe e formaggio. Sembra che il termine “muffuletta” derivi dall’antico termine sassone “muffin”, che indicava una particolare focaccina. Sembra, infatti, che siano stati i soldati dell’imperatore Federico II a “importare” in Sicilia l’abitudine di aromatizzare il pane con semi di “cumino dei prati”, per meglio conservarlo durante le lunghe campagne militari. La relazione con la Vergine Maria pare riguardi l’intendimento popolare in base al quale la “muffuletta” rappresenti il ventre della Vergine, puro come la ricotta che ne costituisce la farcitura. Inoltre si ritiene che i semi di cumino utilizzati nella “muffuletta” favoriscano la monta lattea nelle donne che hanno appena partorito.  A Barrafranca la classica “muffuletta” è con la ricotta di pecora, ma c’è chi la gusta con olio o altro. 
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA