venerdì 30 maggio 2014

Ex chiesa di san Giuseppe (parte III)

Ormai del tutto demolita (1979), dell'antica chiesa di san Giuseppe non rimasero che pochi ruderi e uno spiazzo dove posteggiare le auto. Si racconta che il progetto originario prevedesse la distruzione non solo della chiesa, ma degli edifici che vi gravitavano attorno con lo scopo di poter realizzare una grande piazza. Mentre l'accordo con la chiesa fu facile, per gli edifici non fu possibile perché, negli anni, erano diventati proprietà privata.


Grazie a questi pochi ruderi rimasti, possiamo ancora ammirare quello che rimane degli altarini che si trovavano nel lato sinistro della chiesa. Andiamo per ordine.Per anni tutto fu trascurato, della "famosa piazza" che doveva nascere al posto della chiesa non rimase che uno spiazzo per la macchine.

Alla fine degli anni '90 si iniziò a proibire il posteggio delle macchine, con l'intento di riqualificare la zona e realizzare una vera e propria piazza.
Così nel 2002 si assiste alla nascita dell'attuale piazza san Giuseppe, grazie ad un intervento di riqualificazione urbana, promosso e realizzato dall'allora consiglio comunale.
L'inaugurazione avvenne il 7 settembre 2002 presentando alla popolazione una piazzetta degna di questo nome. Almeno il "sacrificio" dell'antica chiesa di san Giuseppe era servito a qualche cosa. Come si vede nelle foto sopra, si è cercato di mantenere quello che era rimasto degli altarini del lato sinistro della chiesa, delle colonne che ornavano le pareti  dell'altare centrale, la nicchia che si trovava sopra l'altare e che conteneva la statua lignea di san Giuseppe (che attualmente si trova nella chiesa Madre), sostituita da una statua del Santo in "pietra sabugina". Sono scomparse le bellissime " colonne a torciglioni, tipiche esempio di arte tardo-barocca e tutti gli splenditi arredi  che erano presenti nella chiesa. Nel primo altarino di sinistra che era rimasto vuoto fu appesa l'antica croce della chiesa Maria SS. della Purificazione, conosciuta come chiesa Madre, che anticamente era posta sopra il timpano della chiesa e successivamente tolta perché troppo pesante. Ecco alcune foto dei particolari degli altarini presenti nella piazza.    
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)
RITA BEVILACQUA



                                                    



(Foto e materiale sono soggetti a copyright)





domenica 25 maggio 2014

Ex chiesa di san Giuseppe (parte II)

Dopo la chiusura al culto, la chiesa rimase lì maestosa, ferma nello spazio ma soprattutto nel tempo. Non più utilizzata, la statua del patriarca san Giuseppe che tiene per mano il bimbo Gesù, fu portata nella chiesa Madre (sita di fronte, nell'attuale piazza Bongiovì), come pure altri arredi, molte cose rimasero in chiesa e di altre non si seppe più nulla. Era diventata il magazzino di "posteggio" delle macchine processionali che servivano per le feste della vicina chiesa Madre.
Tante volte il suo sagrato aveva visto uscire il "Crocifisso miracoloso", tanto amato dai barresi, tanta volte aveva ospitato il fercolo dall'Addolorata durante la antiche funzioni che si tenevano la mattina del Venerdì Santo, tante volte si era festeggiato san Giuseppe, tante volte la sua campana aveva suonato a raccolta durante le manifestazioni dei fasci dei lavoratori di fine 800.
Adesso tutto è avvolto nel silenzio, nell'oscurità, il collegio che fino agli anni '50 ospitava delle orfanelle, adesso è chiuso. Quante cose erano successe da quel lontano 1667 quando, come scrive lo storico Giunta, il sacerdote D. Melchiore Russo in data 5 dicembre 1667 chiede a monsignor Bonadies, vescovo di Catania, di poter edificare a sue spese una chiesa al patriarca san Giuseppe.  Ormai priva del suo tetto (chissà dove sono andate a finire le statue della santa famiglia poste sopra il timpano della facciata?), la chiesa aveva perso il suo splendore.
La campana della chiesa fu salvata e attualmente si trova nei locali dalla chiesa Santa Maria di Nazareth, mai utilizzata.
Così "l'allora" parroco della chiesa Madre pensò bene di barattare, con "l'allora" consiglio comunale, l'antica chiesa lasciando lo spazio al comune che, distruggendola, avrebbe avuto un'ampia piazza, mentre secondo alcuni il parroco ebbe un lotto di terreno edificabile lungo il viale Signore Ritrovato, secondo altri fu distrutta per poter edificare la nuova chiesa che doveva costruirsi nello spiazzo circostante al villaggio UNRRA l'attuale chiesa Santa Famiglia di Nazareth.
Ormai tutto era compiuto: iniziarono i lavori di "distruzione" della chiesa, in barba all'antico arredo che conservava capitelli a torciglione, altare ligneo e pulpito in stile barocco (il pulpito grazie a padre Benedetto Mallia, che lo ha ritrovato nei sotterranei della chiesa Madre, è stato restaurato e si trova nella suddetta chiesa), lampadari in vetro, un cimitero sotterraneo, i cui cunicoli conducevano al "convento francescano" e  tanto altro.
Dell'antica chiesa non rimasero che pochi ruderi: quella parte di parete che confinava con la vicina abitazione (sulla sinistra della foto). Tutto il resto venne distrutto, senza tener conto che si trattava di un patrimonio non del "singolo parroco di turno", ma di tutta la popolazione barrese.
Allora era più facile demolire che restaurare: come pure è successo per il vecchio carcere demolito nel 1983 (di cui parlerò al più presto).
Nella III parte si parlerà di quello che attualmente è diventato lo spiazzo dell'ex chiesa di san Giuseppe.(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA




martedì 20 maggio 2014

Ex chiesa di san Giuseppe (parte I)

Chiesa di San Giuseppe 
Su una pietra che stava collocata alla sommità del portone vi era  la scritta: "Tu Joseph salve, salve et Tu mater Jesus -1671". Da questo si deduce che il 1671 fu l'anno della costruzione della chiesa, che fungeva da cappella all'annesso educandato femminile, ingranditosi grazie alle donazioni della nobildonna Filippa Amantia nel 1853, con delle celle site nell'attigua ex pretura (via Vasapolli), diretto dalle Carmelitane. La chiesa fu ingrandita nel 1776 con il cappellone. La facciata, molto semplice e armoniosa, era conclusa con le statue della Sacra Famiglia, opera di Scarpulla. Venne chiusa al culto negli anni’70 e definitivamente demolita nel 1979. 

Nella foto si possono ammirare alcuni arredi della chiesa: l'altare ligneo, il vecchio confessionale, in pregiato barocco, che dopo la chiusura fu restaurato e si trova nella chiesa Madre, i pulpito e il fercolo ligneo con cui viene portato il processione il 19 marzo il patriarca san Giuseppe. Questo si trova, come la statua lignea del Patriarca, nella chiesa Madre. 

Confessionale ligneo 

Il parroco Giunta scrive che in un inventario del 1745 erano elencati la statua lignea di san Giuseppe con il bambino, risalente al 600, una pittura della santa Famiglia, il quadro di san Liborio, oltre ad altri arredi sacri (di cui è rimasto ben poco). Inoltre in fondo si vede l'altare ligneo, il cui tabernacolo aveva, sulla porticina, i misteri della passione.

Quando venne chiusa al pubblico (anni '70), divenne il luogo dove conservare gli arredi sacri: infatti al centro della foto si può vedere l'antico "Trunu" che trasporta, il venerdì santo, il Crocifisso, a desta il baldacchino di san Giuseppe e a sinistra il confessionale ligneo , di mirabile fattura (attualmente si trova nella chiesa Madre. (le foto fanno parte dell'archivio del signor Cateno Marotta). 
A presto la II parte. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA 







martedì 6 maggio 2014

Aspettando l'apertura della chiesa di San Francesco

Chiesa San Francesco, anni '20
La Chiesa di San Francesco,  fu fondata nel 1694 dai frati francescani sulla cima della collina nella zona SILVIA, che era in aperta campagna, vicino alla chiesa di S.MARCO (non più esistente), per ubbidire alla loro regola di allontanarsi dal centro abitato, accanto al Convento di vaste proporzioni, costruito fra il 1624 e il 1697. Fu abbandonato nell'ottobre 1866 quando, con l’Unità d’Italia, venne varata una legge del 7 luglio dello stesso anno  in base alla quale vennero soppressi tutti gli ordini religiosi e i loro beni immobili furono destinati alle amministrazioni locali. Parte del monastero  venne adibito a Municipio e stazione dei Carabinieri. Dopo un periodo di sbandamento, i frati decisero di costruirne uno nuovo, però più piccolo "u Cummintinu", dove c'è l'attuale via Belvedere, e con precisione deve c'è "a crucidda".
Chiesa San Francesco anni '70
Con i Patti Lateranensi del 1929, parte del Convento venne restituito ai frati che ritornarono ad abitarlo, mentre "u Cummintinu" fu adibito a scuola elementare maschile. Il prospetto attuale è opera di Santo Scarpulla e risale al 1923. La pare alta fu costruita nel 1927, con una finestra bifronte che funge pure da campanile.
Il convento fu definitivamente abbandonato il 24 aprile 1984, dopo l’ultimo frate, padre Guardiano. La chiesa, gestita dal clero della Chiesa Madre, continuò ad essere aperta al pubblico fino al 1999.
Nell'ottobre 2013 sono iniziati i lavori di restauro sia della facciata che degli interni. Durante i lavori di rafforzamento del pavimento, sotto  vennero scoperte dei cunicoli e dei sotterranei, simili a catacombe. Ma la scoperta più grandiosa è stata il ritrovamento di una cripta , molto simile ad una cappelletta, con annessi colatoi. 
Alla cripta si accede mediante una scalinata che inizia dal pavimento davanti all'entrata principale della chiesa. Inoltre sono stati rinvenuti numerosi resti di defunti (anticamente i sotterranei delle chiese fungevano da cimitero). Ancora i lavori non sono ultimati.
Speriamo che al più presto, sia la chiesa che i sotterranei siano aperti al pubblico perché, vi assicuro,sono bellissimi (ho avuto modo di vederli all'inizio dei lavori). Auguriamoci che il restauro riporti all'antico splendore questa chiesa, al cui interno sono narrate, attraverso tele e affreschi, le vicende della vita di san Francesco e che custodiva le statue di due Santi molto amati dagli italiani e dai barresi in particolare, ossia san Francesco e sant'Antonio (attualmente sono custoditi nella chiesa Madre).
Rita Bevilacqua 




  








lunedì 5 maggio 2014

Maggio: mese dedicato alla Madonna

Buon giorno. Per iniziare la settimana pubblico alcune pagine tratte da: "Presenza Missionaria Passionista", del maggio-giugno 2008 che, a mio avviso, sono molto interessanti e che ci aiutano a capire perché MAGGIO è il mese dedicato alla MADONNA.
Buona lettura!

Il mese di maggio in onore della Madonna

Il mese di maggio in onore della Madonna ha origini molto lontane. Sembra si possa fare risalire a remote tradizioni pagane quali i ludi floreales o florealia in onore di Flora Mater, dea della vegetazione, reinterpretati più tardi in ambito cristiano, laddove a questa dea si è sostituita Maria, "il fiore più bello fra tutti fiori".
Varie sono le opinioni sull'origine del nome dato al mese di maggio. Vi è chi riconosce un'origine mitologica, e quindi pagana, quasi fosse detto da Maia, madre di Mercurio, cui usava sacrificarsi nel mese dedicato a Flora. E vi è chi vi riscontra un'origine storica, da Majus, il mese che presso i Romani fu de' Maggiori. Sicuramente a Roma, due secoli prima dell'era cristiana, e fino al temIpo del grande Imperatore Costantino, si celebrava l'ingresso del maggio, festeggiandosi il primo giorno del mese consacrato a Flora.
Lo sviluppo successivo si è poi consolidato nel Medioevo fino ad assumere le odierne forme devozionali. Si tratta di un uso tipico dell’Occidente cristiano: in Oriente, infatti, tra gli ortodossi, il mese mariano è agosto, nel quale si celebra l’Assunzione.
Nel secolo XIV, il frate domenicano Enrico Susone, morto nell’anno 1365, incentivò il culto alla Madonna in tutto il mondo. Fu in Italia che il culto si diffuse maggiormente. S'incominciò a Mantova ad
onorare la Madonna in tutte le domeniche del mese di maggio; ma la pratica del mese di maggio, quale ora si usa, risale al 1784 quando a Ferrara, i Camilliani la istituirono nella chiesa detta della Madonnina. Molto merito al riguardo ebbero S. Filippo Neri e P. Laborine, nel secolo XVIII, che compose il mese mariano, e al Muzzarelli, che introdusse la pia pratica nel collegio romano. Di lì poi si estese agli altri collegi dei Gesuiti, passò dai collegi, alle parrocchie, ed ora in tutto il mondo. Maria è venerata nel mese di maggio con particolare fervore. Sono molti i fedeli, soprattutto giovani che in questo mese si impegnano a partecipare alla messa quotidiana e la santa comunione, nonché con i vari impegni di vita, i cosiddetti fioretti che accompagnano 31 giorni del mese e che in molti casi sono rinunce impegnative non solo a livello fisico, ma soprattutto spirituale.
Maria è il capolavoro della sapienza e della grazia di Dio, è la più bella delle creature, è la nostra salvezza ed ha diritto perciò agli omaggi di tutta l'umanità. Ella è "Mater sanctae spei", e maggio è il mese della speranza.
Significativo quanto scrive Benedetto XVI nella sua Enciclica Spe Salvi. “Con un inno dell'VIII/IX secolo,
quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come «stella del mare»: Ave maris stella.
La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul
mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta.
Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo «sì» aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell'Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14)? A lei perciò ci rivolgiamo: Santa Maria, tu appartenevi a quelle anime umili e grandi in Israele che, come Simeone, aspettavano «il conforto d'Israele» (Lc 2,25) e attendevano, come Anna, «la redenzione di Gerusalemme» (Lc 2,38). Tu vivevi in intimo contatto con le Sacre Scritture di Israele, che parlavano della
speranza – della promessa fatta ad Abramo ed alla sua discendenza (cfr Lc 1,55). Così comprendiamo il santo timore che ti assalì, quando l'angelo del Signore entrò nella tua camera e ti disse che tu avresti dato alla luce.  Colui che era la speranza di Israele e l'attesa del mondo. Per mezzo tuo, attraverso il tuo «sì», la speranza dei millenni doveva diventare realtà, entrare in questo mondo e nella sua storia. Tu ti sei inchinata davanti alla grandezza di questo compito e hai detto «sì»: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Quando piena di santa gioia attraversasti in fretta i monti della Giudea per raggiungere la tua parente Elisabetta, diventasti l'immagine della futura Chiesa che, nel suo seno, porta la speranza del mondo attraverso i monti della storia. Ma accanto alla gioia che, nel tuo Magnificat, con le parole e col canto hai diffuso nei secoli, conoscevi pure le affermazioni oscure dei profeti sulla sofferenza del servo di Dio in questo mondo. Sulla nascita nella stalla di Betlemme brillò lo splendore degli angeli che portavano la buona novella ai pastori, ma al tempo stesso la povertà di Dio in questo mondo fu fin troppo sperimentabile. Il vecchio Simeone ti parlò della spada che avrebbe trafitto il tuo cuore (cfr Lc 2,35), del segno di contraddizione che il tuo Figlio sarebbe stato in questo mondo. Quando poi cominciò l'attività pubblica di Gesù, dovesti farti da parte, affinché potesse crescere la nuova famiglia, per la cui costituzione Egli era venuto e che avrebbe dovuto svilupparsi con l'apporto di coloro che avrebbero ascoltato e osservato la sua parola (cfr Lc 11,27s). Nonostante tutta la grandezza e la gioia del primo avvio dell'attività di Gesù tu, già nella sinagoga di Nazaret, dovesti sperimentare la verità della parola sul «segno di contraddizione» (cfr Lc 4,28ss). Così hai visto il crescente potere dell'ostilità e del rifiuto che progressivamente andava affermandosi intorno a Gesù fino all'ora della croce, in cui dovesti vedere il Salvatore del mondo, l'erede di Davide, il Figlio di Dio morire come un fallito, esposto allo scherno, tra i delinquenti. Accogliesti allora la parola: «Donna, ecco il tuo figlio!» (Gv 19,26). Dalla croce ricevesti una
nuova missione. A partire dalla croce diventasti madre in una maniera nuova: madre di tutti coloro che vogliono credere nel tuo Figlio Gesù e seguirlo. La spada del dolore trafisse il tuo cuore. Era morta la speranza? Il mondo era rimasto definitivamente senza luce, la vita senza meta? In quell'ora, probabilmente, nel tuo intimo avrai ascoltato nuovamente la parola dell'angelo, con cui aveva risposto al tuo timore nel momento dell'annunciazione: «Non temere, Maria!» (Lc 1,30). Quante volte il Signore, il tuo Figlio, aveva detto la stessa cosa ai suoi discepoli: Non temete! Nella notte del Golgota, tu sentisti nuovamente questa parola. Ai suoi discepoli, prima dell'ora del tradimento, Egli aveva detto: «Abbiate coraggio! Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
« Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,27). «Non temere, Maria!» Nell'ora di Nazaret
l'angelo ti aveva detto anche: «Il suo regno non avrà fine» (Lc 1,33). Era forse finito prima di cominciare? No, presso la croce, in base alla parola stessa di Gesù, tu eri diventata madre dei credenti. In questa fede, che anche nel buio del Sabato Santo era certezza della speranza, sei andata incontro al mattino di Pasqua. La gioia della risurrezione ha toccato il tuo cuore e ti ha unito in modo nuovo ai discepoli, destinati a diventare famiglia di Gesù mediante la fede. Così tu fosti in mezzo alla comunità dei credenti, che nei giorni dopo l'Ascensione pregavano unanimemente per il dono dello Spirito Santo (cfr At 1,14) e lo ricevettero nel giorno di Pentecoste.
Il «regno» di Gesù era diverso da come gli uomini avevano potuto immaginarlo. Questo «regno» iniziava in
quell'ora e non avrebbe avuto mai fine. Così tu rimani in mezzo ai discepoli come la loro Madre, come Madre della speranza. Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te. Indicaci la via verso il suo regno! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino!” (SS, 49-50).
Tutti hanno riconosciuto e riconoscono degna di Maria la pia devozione del mese di Maggio: lo dimostra il fatto che la devozione si è estesa dovunque, e, venendo sempre più sentito dalla pietà dei fedeli, ormai il mese di maggio è un omaggio universale alla Madonna. Questa festa di pietà è una gemma nella liturgia della Chiesa, è una gioia per ogni cuore. I frutti che si ricevono da questa devozione sono incalcolabili. Dio non lascia senza ricompensa coloro che onorano Maria, anzi è particolarmente generoso verso di loro.

Presenza Missionaria Passionista, 3/2008 Maggio/Giugno 2008

venerdì 2 maggio 2014

Festa del patrono Sant'Alessandro


Fercolo di sant 'Alessandro, patrono di Barrafranca
Carissimi amici, domani è la ricorrenza del nostro santo patrono sant'Alessandro. E' doveroso tracciarne un breve profilo agiografico. Nell'arco dei secoli l'immagine che si è codificata, è quella di un san'Alessandro papa e martire.

Secondo le vecchie agiografie, Alessandro fu papa dal 105 al 115 e martirizzato il 3 maggio del 115. Nell'Enciclopedia dei Santi, edita da Città Nuova, si legge che, secondo il Martirologio geronimiano alla stessa data segna: “Romae via Nomentana, miliario VII, natale sanctorum Eventi, Alexandri, Theodoli. Manca ogni indicazione di episcopi, che si dà sempre ai papi, e non lo mette al primo posto; queste due circostanze fecero dubitare al Fiorentini dell'identità del papa e del martire.
Ma nel 1855 si scoprì al VII miglio della via Nomentana un cimitero e un complesso basilicale con due tombe venerate. Sulla prima era stato eretto un altare con l’iscrizione: ...ET ALEXANDRO DELICATVS VOTO POSVIT DEDICANTE AEPISCOPO VRS.
L'Ursus fu identificato dal Duchesne con il vescovo di Nomentum di tal nome ricordato in una lettera del papa Innocenzo I (401-417). L'iscrizione è, dunque, dell'inizio del sec. V e dimostra che Alexander è nominato per ultimo, senza alcuna dignità gerarchica, rafforzando i dubbi espressi dal Duchesne, il quale negava l'identità tra il martire ed il papa, affermando che la confusione fra i due personaggi risalirebbe agli inizi del VI secolo, data di compilazione del Liber PontificalisL’errore viene corretto nella riforma del calendario liturgico.
Per nostra tradizione, sant'Alessandro è sia papa che martire: papa perché, come si vede nella foto sopra, l'immagine è quella di un pontefice, con la tiara sul capo e il bastone pontificale; martire perché le reliquie presenti in chiesa e che accompagnano il santo durante la processione si pensa siano di un Alessandro martire.
Sant'Alessandro divenne patrono di Barrafranca già dal 1572, il cui culto, molto probabilmente, fu importato da Militello in Val di Catania ...
L'attuale statua risale al 1935, quando sostituì la vecchia statua in gesso e legno che si ruppe durante una pugniata avvenuta nel corso della processione...
Vi lascio con queste poche notizie. Sono in fase di ricerca di tutto ciò che riguarda  la festa: da dove origini, come si svolgevano i festeggiamenti, tutto quello che concerne sia la pratica devozionale del pane che la famosa fiera (ormai scomparsa) e di tanto altro.
I risultati di queste ricerche, assieme a quelle concernenti le altre feste che costellano il panorama delle nostre tradizioni, sarà oggetto di un'ulteriore pubblicazione.
Volevo ricordarvi che, pomeriggio alle ore 16,00 la banda musicale, assieme alla confraternita di sant'Alessandro gireranno per le vie del paese a raccogliere il pane offerto al santo patrono. Inoltre, dopo la messa delle 18,30, e precisamente alle 19,00, dal Plesso Europa partiranno gli sbandieratori del gruppo spettacolo Arcobaleno, insieme alla banda e alla confraternita e andranno verso la chiesa Maria SS. della Stella.
Vi auguro una buona festa e soprattutto partecipate numerosi, affinché le nostre tradizioni non vengano perse perché: UN POPOLO SENZA TRADIZIONI E' UN POPOLO SENZA STORIA.
                                                                             
                                                                                      Evviva Santu Scianniru