mercoledì 16 gennaio 2019

Perché l’herpes zoster si chiama “FUCU DI SANT'ANTONIO”


Il 17 gennaio la Chiesa festeggia sant'Antonio abate.
Per l’occasione spiegheremo perché a Barrafranca (EN) (e non solo) il popolo chiama l’herpes zoster “FUCU DI SANT'ANTONIO”.  
L’herpes zoster è un’infezione dei nervi che si estende ad alcune zone della pelle provocando un'eruzione dolorosa di vescicole che in seguito formano una crosta, con il dolore che può perdurare per mesi o addirittura per anni, anche dopo la guarigione dell'eruzione cutanea. E’ conosciuto come “fucu di sant’Antoniu”. Il Santo di cui si parla è SANT'ANTONIO ABATE, che si festeggia il 17 GENNAIO. Antonio nacque verso il 250 da una famiglia di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans in Egitto. Morì a 106 anni, il 17 gennaio del 356 (viveva nella Tebaide) e fu seppellito in un luogo segreto. Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo e nello spazio, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia, nell’XI secolo, a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore. In questa chiesa affluivano a venerarne le reliquie folle di malati, soprattutto affetti da ergotismo canceroso, causato dall'avvelenamento di un fungo presente nella segale, usata per fare il pane. Il morbo, oggi scientificamente noto come herpes zoster, era conosciuto sin dall'antichità come “ignissacer” (fuoco sacro) per il bruciore che provocava. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e fu fondata una confraternita di religiosi, l’antico ordine ospedaliero degli Antoniani; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois. Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento. Il loro grasso era usato per curare l’ergotismo, che fu chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò a essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere. Tra le tante pratiche della medicina popolare siciliana, riportiamo quella della città di Gela (simili si facevano anche in altre città siciliane). Alcuni preparavano qualche unguento da spalmare sulle ferite. Farsi il segno della croce e recitare: 
"Sant’Antonuzzu ccu li so vòi
a lavurari ti ni vai da so suruzza
scuntrai so suruzza
che mi porti di mangiari?
Zunza di porci e lardu di maiali
Sant’Antunuzzustu mali mata a luvari."
Dire un Padre nostro, un Gloria, un Ave Maria
In quest’orazione la malattia è intesa come una sorella di Sant’Antonio, "so spruzza", dalla quale lo stesso santo va a lavorare; il cibo che le porta corrisponde agli elementi che formano la “dose” e una volta che la suruzza è appagata, la malattia scompare. La dose si fa nel seguente modo: zunza (strutto) di maiale, lardo di maiale e pomata “Canesten”, da passare tre volte al giorno sulle lesioni fino a guarigione avvenuta.
(Foto e materiale sono soggetti a copyright)

RITA BEVILACQUA

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