lunedì 19 marzo 2018

La tradizione di San Giuseppe a Barrafranca


Fercolo ligneo di San Giuseppe
La ricorrenza di san Giuseppe è la prima festa di primavera: la natura si risveglia, il grano comincia a maturare e si spera in un buon raccolto. I festeggiamenti in onore del patriarca san Giuseppe si svolgono in molti paesi della Sicilia, con la tradizionale “Tavola di san Giuseppe”. A Barrafranca (EN) il Santo è festeggiato sia con la rappresentazione conosciuta come “Fuga in Egitto”, sia con una processione serale, dove viene portato in processione il fercolo del Santo.
La mattina del 19 marzo, presso piazza Regina Margherita dove è imbandita la classica “tavolata di san Giuseppe”, si svolge la rappresentazione “Fuga in Egitto”.
Fuga in Egitto- Soldati di Erode

Si tratta di una rappresentazione che ha come tema la fuga, dalla persecuzione di Erode, della Santa Famiglia verso l’Egitto. Pur partendo da un argomento presente nei vangeli canonici, si allontana dal racconto quando, durante il viaggio, compaiono tre Soldati del re Erode che hanno il compito di uccidere il Bambin Gesù. Tempestivamente interviene un Angelo che distoglie i soldati dal loro compito e li convince del potere di Dio e della salvezza del Bimbo. 
Il testo, come scrive lo storico Giunta, è scritto in versi martelliani (composti di una coppia di settenari) dall’abate Giuseppe Nicolò Baldassare Russo (1733-1791). Elemento cardine dei festeggiamenti in onore del Patriarca Giuseppe sono le “Tavolate” sia pubbliche, come quella allestita in piazza per la ricorrenza del 19 marzo, sia organizzate da famiglie private, che sono realizzate in genere nel mese di marzo. 
Piazza Regina Margherita. Tavolata di san Giuseppe anno 2015
Negli altari- tavolate di san Giuseppe troviamo rappresentata la forma più elementare di mensa che, fin dai tempi più antichi, era formata da più piani, atti ad accogliere le pietanze destinate ai personaggi. Simbolicamente le pietanze rappresentano il cibo che è offerto alla santa famiglia, aiutandola a sfamarsi durante la lunga strada che li conduce in Egitto. Il significato più vero delle tavolate è l’aiuto reciproco tra gente bisognosa: difatti la preparazione dei cibi avviene con l’apporto di tutto il vicinato. La famiglia organizzatrice della tavolata sceglie, tra le persone più povere del quartiere, chi interpreterà la Santa famiglia: a loro è destinato il pranzo, preparato con cura e con l’aiuto di parenti e amici. Tante le pietanze realizzate. Anticamente a Barrafranca erano rigorosamente 19 pietanze, diciannove come il giorno in cui si festeggia il Patriarca, ma se ne possono preparare anche di più. Si va dalla pasta di san Giuseppe preparata con le lasagne (anticamente impastate in casa), il tutto insaporito con finocchietto selvatico, broccoletto, chiamato taghiallassu, cui sono aggiunti ceci, lenticchie e fagioli, 


Pane di san Giuseppe 
al pane di san Giuseppe, particolare pane, dall'impasto più lavorato, reso lucido dal bianco dell’uovo e cosparso di semi di papavero che in dialetto sono chiamati girgiullina. Viene realizzato in varie forme, che richiamano i simboli del Santo.
Si passa alle frittate con le verdure di stagione o semplici frittate di uova e pan grattato, uova e quant'altro, e infine ai dolci: pagnuccata, pasta siringata, sfingi, armuzzi santi, cassateddi, crispelle di riso, cannoli con crema e ricotta, ‘mbanata cu a ghiacciata (pan di spagna con sopra la glassa), virmiciddi friuti (pasta fritta). A fine pasto sono dati un finocchio, simbolo di rinascita, o meglio ancora, di rigenerazione spirituale e un’ arancia, simbolo di fecondità e di amore.
La sera della festa, per la consueta “via dei Santi”, viene portato in processione l'antico fercolo ligneo di San Giuseppe che tiene per mano il Bambin Gesù.
CURIOSITA'= Gli anziani raccontano che a Barrafranca (EN) il giorno prima della festa del patriarca san Giuseppe, allo scoccare dell’Ave Maria, i fedeli che avevano fatto “prummisione” si inginocchiavano sul pavimento e appoggiavano la mani a terra pregando il patriarca san Giuseppe rivolti a Oriente, richiamo questo al modo di pregare degli arabi rivolti verso la Mecca. Questa pratica è antichissima e risale al periodo medievale. Nella Chiesa primitiva, pertanto, volgersi al Signore e guardare a oriente erano la stessa cosa. L'usanza di pregare rivolti al punto in cui sorge il sole è antichissima, e comune a ebrei e gentili. I cristiani l'adottarono ben presto. Già nel 197, la preghiera verso oriente è per Tertulliano una cosa normale. Nel suo Apologeticum (cap. XVI), egli riferisce che i cristiani "pregano nella direzione in cui sorge il sole". Allora nelle case si indicava la direzione della preghiera a mezzo di una croce incisa nel muro. Una croce del genere è stata ritrovata a Ercolano in una camera al primo piano di una casa sepolta dall'eruzione del Vesuvio nell'anno 79. (Tratto da: "Notizie" periodico dell'associazione italiana Una Voce, edito dalla Sezione di Torino n° 116, 1987, pp. 1-4
(Foto e materiale sono soggetti a copyright) 

RITA BEVILACQUA




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