L’ESALTAZIONE
della CROCE, che ricorre il 14 settembre, è una ricorrenza religiosa in cui la
Chiesa commemora “LA CROCE” dove fu Cristo fu Crocifisso. La glorificazione di
Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l’antitesi
sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione:
Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette
volontariamente all’umiliante condizione di schiavo (la croce, dal latino
“crux”, cioè tormento, era riservata agli schiavi) e il supplizio viene
tramutato in gloria. La croce diventa il simbolo e il compendio della religione
cristiana. La data scelta ricorda il ritrovamento della croce di Gesù da parte
di sant’Elena, avvenuto nel IV secolo e secondo la tradizione proprio il
14 settembre: in quel giorno la reliquia fu alzata dal vescovo
di Gerusalemme di fronte al popolo, che fu invitato all’adorazione.
La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in
occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella “dell’Anàstasis”, cioè della
Risurrezione. Col termine di “esaltazione”, che traduce il greco hypsòsis, la
festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva
commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall’imperatore Eraclio
nel 628 d.C.
In
occasione della festa, a Barrafranca (EN) i fedeli possono rivedere e adorare
il SS. Crocifisso, che si trova nella chiesa Madre. Tutto l’anno il Santissimo
è custodito dentro ad un tabernacolo posto nell’omonimo altare e viene
“svelato” ed esposto ai fedeli solo tre volte l’anno: il Venerdì Santo, che è
portato in processione, l’Ottava del venerdì santo, per le funzioni in chiesa e
il 14 settembre, in occasione della festa dell’esaltazione della Croce. I
fedeli troveranno il Santissimo esposto nell’ altare maggiore e avranno anche la
possibilità di partecipare alle funzioni liturgiche, alla fine delle quali
potranno baciare il Santissimo e portare a casa il cotone benedetto. Ogni anno
per l’occasione la Chiesa Madre è gremita di persone che vanno a render omaggio
al Santissimo, a pregare e, secondo una pratica cristiana, a baciarlo. A conclusione della giornata, in religioso silenzio il popolo dei fedeli
aspetta che il Santissimo venga velato e riposto
nella teca che lo custodisce tutto l’anno. Ritornerà tra i suoi fedeli nella giornata
del Venerdì Santo.
Ma
che valenza assume nel culto cristiano questo bacio?
L’atto
del baciare è uno dei gesti più usati nella vita sociale: si baciano i figli, i
coniugi, gli amici. Anche nel culto cristiano, il bacio ha un’importante
valenza simbolica. Come gesto, il bacio appartiene a quel linguaggio non
verbale che è pur tipico della liturgia e della devozione: ne sono esempio il
baciare immaginette sacre, statue e soprattutto le immagini del Crocifisso.
Questa è una consuetudine molto antica e deriva dall'usanza che c’era a Gerusalemme
di far baciare il “Legno della Croce” ai pellegrini, perché quel Legno fu reso
sacro dal Sangue del Signore e quindi era un gesto di venerazione verso Nostro
Signore che patisce e muore in Croce per noi. Da Gerusalemme, tramite i
pellegrini l’adorazione della Croce arrivò alle altre Chiese. Non
esistono altre occasioni liturgiche che prevedano cose simili. Vi è, però, in
molte occasioni la tradizione (non liturgica) di venerare la Vergine Maria o i
Santi (soprattutto le reliquie) con il bacio. Dopo il Concilio Vaticano II, con
l’istituzione «Inter Oecumenici» del 1964 (n. 36), sono stati soppressi diversi
baci a oggetti sacri. In questo contesto, il bacio diventa elemento di
comunicazione, sia a livello antropologico e psicologico e, di conseguenza,
come segno per esprimere un atteggiamento di fede. Quando i fedeli a massa si
recano a “baciare” il SS. Crocifisso inchiodato alla Croce non fanno altro che
andare ad adorare, con sentimenti di amore riverenziale, chi è morto in croce
per salvare l’umanità, a entrare in comunione con le sue sofferenze. Il bacio
diventa così centrale nel momento dell’adorazione: permette al fedele un
contatto fisico diretto con il Cristo, divenendo simbolo di unione e
riconciliazione.
RITA BEVILACQUA
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